«Costi insostenibili, impossibile riaprire i teatri di Gallarate». L’allarme di Melarido

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GALLARATE – «Per il momento non riapriremo. Non siamo in grado di farlo perché non è possibile sopportare costi così ingenti. Sono molto indignata per le misure adottate dal governo, assurde e obsolete, riguardo al nostro settore». Rosanna Bergonzi di Melarido ha così commentato la ripresa di ieri, lunedì 15 giugno, degli spettacoli teatrali interrotti per l’emergenza Covid-19. La società che a Gallarate gestisce i teatri Condominio e Del Popolo già ad aprile aveva lanciato l’allarme, facendosi centro di raccolta del malcontento di tante sale italiane; le critiche e le preoccupazioni espresse trovano un’eco in quelle dei vari gestori e produttori che il sito Teatro.it ha raccolto in un video.

Non si può aspettare fino a dicembre

«Dalle disposizioni emerge chiaramente che non conoscono le nostre tempistiche storiche, con stagioni che iniziano a ottobre e terminano a fine maggio. Inoltre, stando al Dpcm del 17 maggio, possono riaprire i teatri che hanno disponibilità all’aperto e quelli più grandi, che possono accedere a fondi per investire. Un pubblico concesso di sole 200 persone richiederà costi enormi di sanificazione e messa in sicurezza, ai quali si aggiungono quelli molto alti degli spettacoli: se facessimo anche una sola data in questo modo, potremmo chiudere il giorno dopo». Come ha sottolineato Bergonzi, non è neanche giusto, come risposta, alzare il prezzo dei biglietti: «Al momento siamo costretti a non aprire, speriamo in una nuova cura o nel vaccino. Potremmo organizzare delle iniziative minori, ma è un bene per la cultura? Io dico di no, perché si tratta di un valore importante. È vero, sono previste la cassaintegrazione e il rimborso per le partite Iva, ma se dobbiamo aspettare fino a dicembre, chi è che paga i lavoratori dello spettacolo? Non parlo solo di noi gestori ma anche di artisti, cantanti, tecnici, macchinisti, etc.. Confido che il ministro Franceschini, solitamente attento a questi aspetti, prenda dei provvedimenti, come stanziare un fondo perduto per i teatri che non possono aprire».

La riapertura contingentata non ha senso

Per Massimo Romeo Piparo, direttore del Teatro Sistina di Roma, una riapertura contingentata con 200 posti al chiuso non ha alcun senso: «Può permettersela solo chi non deve misurarsi con l’incasso del botteghino. Il teatro pubblico è un’altra cosa rispetto a quello privato, che va sovvenzionato e, nel settore dell’economia italiana, equiparato alle altre piccole e medie imprese». Anche secondo Valeria Arzenton, cofondatrice di Zed Live, «con 200 posti al chiuso, comprese le maestranze, noi teatri privati non ce la possiamo fare. Potrà permetterselo solo chi ha contributi pubblici. Il governo ci deve dare una data di apertura. Siamo dei professionisti, conosciamo il pubblico e sappiamo gestire situazioni di emergenza». Le loro testimonianze, insieme a quelle di altri direttori di teatri italiani privati e produttori di spettacoli, sono state raccolte in un video da Teatro.it: con l’iniziativa il sito ha voluto contribuire al dibattito che, proprio in un momento di crisi così profonda, dovrebbe anzitutto tendere alla ricerca di strategie unitarie per il settore.

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