Oltre seimila spettatori al Rugby Sound Festival: “Lo spettacolo” è con i Litfiba

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LEGNANO – «Sapete quanti siamo? Seimila e seicentosessantafottutisei». Ieri, domenica 3 luglio, al Rugby Sound Festival di Legnano si è aperto con le note di “Ritmo” e “La preda” “L’ultimo girone”, tour di addio in cui Piero Pelù, Ghigo Renzulli, Fabrizio Simoncioni, Luca Martelli e Dado Neri ripercorrono la storia ultraquarantennale dei Litfiba. Come sempre, tra una canzone e l’altra, non sono mancati riferimenti all’attualità da parte del frontman della band fiorentina, e i conseguenti strali, che come primo bersaglio hanno avuto Roberto Maroni e le parole da lui pronunciate in passato: nell’introdurre “Tex” il cantante ha salutato «la riserva indiana della Lombardia, dove “la mafia non esiste”».

Mediterraneità e David Bowie

«Siete tutti in arresto», ha avvertito Pelù con “Proibito” dopo «una botta di anni Ottanta», tornati poi rapidamente in scaletta. «Abbiamo riempito due volte l’Alcatraz ma voi siete i nostri “Eroi nel vento”»: così Piero agli oltre seimila spettatori entusiasti che hanno riempito l’arena adiacente al Castello.
Se il successo di “Apapaia” fece capire all’epoca ai Litfiba che «se avessimo insistito, qualcosa l’avremmo raggiunto. Anche grazie a voi», “Woda woda”, «canzone che risale a molti anni fa ma di attualità calzante», è stata l’occasione per un appello a non sprecare l’acqua.
Senza dimenticare di essere «animali mediterranei»: con “Istanbul”, canzone che «mi fa sempre venire la pelle d’oca da quando la provavamo in cantina via de Bardi», è stato anche reso omaggio, attraverso il mash-up di “Yassassin (Turkish for: Long live)”, a David Bowie che creò questa canzone quando frequentava i bar turchi a Berlino.

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Un concerto «né antologico né nostalgico»

Tra verità e controverità è facile perdere il rapporto con la realtà: «In questa epoca di fake niente è come sembra», hanno sottolineato i Litfiba con “Fata Morgana”. E l’invito con “Bambino” è a «dedicarci di più a quella parte dentro di noi: anzi, più passa il tempo e più dobbiamo coltivarla».
Il concerto, ha ricordato Pelù, non aveva l’intenzione di essere né antologico – «spero che apprezziate i nostri sforzi per come sono stati rivisitati i brani» – né nostalgico anche se, in questo caso, con “Il volo” è stato rivolto un pensiero affettuoso agli amici che «hanno perso la loro forma fisica»: Erriquez dei Bandabardò, Candelo Cabezas e Ringo De Palma.
Dopo “Spirito” è stata lanciata la sfida per vedere se veramente tra il pubblico ci fossero spiriti liberi, con il conferimento a quattro di loro, per il lancio di reggiseni, del titolo di “Regina di cuori”: «Fidanzati, non siate gelosi», ha scherzato Piero con i «ragazzascisc».

Liturgia contro il male

«Negli anni Ottanta eravamo lì lì per far la rivoluzione. Poi ci siamo persi in birreria» è stata la battuta che ha dato il via a “Tango”, “Paname” e “Lacio drom”: «Non esiste un nostro concerto senza l’augurio che la strada sia una figata».
Tenendo però la guardia sempre alta, soprattutto in un momento in cui il mondo conosciuto negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, con i relativi diritti conquistati, rischia di scomparire: «Il diritto all’aborto non si tocca. Sono solo esempi di quello che dovremo affrontare nei prossimi anni», è stato il monito di Pelù. Come catalizzatore contro il male che è alla base di tutte le dittature serve allora «un atto liturgico» come l’inginocchiamento collettivo di “El diablo”. E con “Dimmi il nome” si è ripreso il discorso iniziale: «“Lombardia senza mafia”: in realtà è in ogni angolo dove si spaccia. Fanculo il silenzio, mai avere paura di denunciare».
Prima di incamminarsi verso casa, agevolati dalla macchina organizzativa del Rugby Sound che sta gestendo in totale efficienza un festival imponente per nomi e affluenza, c’è stato ancora tempo per due brani. A chiudere “Lo spettacolo” è stato il “Cangaceiro”, al grido di «siempre viva el bandido Litfiba».

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