Sanità, chi va e chi viene. Seri guai e urgenze degli ospedali di Busto e Gallarate

BUSTO ARSIZIO/GALLARATE – Si chiude un anno difficile per la Sanità bustocca e gallaratese. E si chiude un triennio impegnativo e complicato per il direttore generale dell’Asst, Giuseppe Brazzoli: lunedì 31 dicembre è il suo ultimo giorno al vertice degli ospedali che fanno capo agli uffici di piazzale Solaro, a Busto Arsizio. Brazzoli ha deciso di andare in pensione dopo un mandato cominciato con la fusione tra le due aziende ospedaliere di Busto e Gallarate, così che i problemi si sono raddoppiati di botto; un mandato caratterizzato dalle ipotesi, dalle polemiche e dai primi, farraginosi passi per realizzare l’ospedale unico; continuato in scia alle gravi carenze degli organici medici e paramedici e, infine, scosso dallo scandalo delle morti in corsia al pronto soccorso di Saronno. Tutte questioni che, in un modo o in un altro, hanno inciso direttamente sulla gestione della Sanità locale.

Le ingerenze della politica

Brazzoli è stato costretto a muoversi dentro un percorso minato, per usare una facile metafora. Mine pronte a scoppiargli tra le mani e a sminuire il suo impegno, che non è mai venuto meno. C’è chi non lesina critiche, doveroso ammetterlo quanto meno “per la cronaca”. Eppure, molto hanno potuto le circostanze esterne, a cominciare dalla politica che avrebbe dovuto o potuto organizzare, riorganizzare, suggerire e decidere e, invece, ha spesso ingarbugliato la matassa. Un esempio? Il punto nascite dell’ospedale di Angera, tenuto aperto contro ogni evidenza per fini esclusivamente elettorali. Giuseppe Brazzoli ha dovuto fare di necessità virtù, beccandosi colpe non sue o, comunque, non solo sue. Su questa, come su altre situazioni. Un altro esempio? L’accorpamento tra Busto e Gallarate, figlio di una vecchia impuntatura della politica nell’era formigoniana della formazione delle Ao. Era allora che i due nosocomi avrebbero dovuto convivere uniti, invece, per questioni di campanile e di piccolo cabotaggio politico, furono divisi e posti in competizione, perdendo progressivamente forza (Gallarate) e rinviando negli anni la necessaria fusione, Fino ad arrivare a riconoscere, molti anni dopo, la necessità di un solo nosocomio per le due città.

Problematico quadro di riferimento

Il risultato di tutto ciò è oggi un’immagine appannata della qualità ospedaliera dell’Asst della Valle Olona, non nascondiamoci dietro un dito. Chi sostiene il contrario sa di dire una balla. Medici in fuga, vuoti negli organici, attività ridotta in molti reparti, ostacoli se non impossibilità di assumere professionisti specializzati, attese infinite per gli esami e finanche per prenotarli ai Cup. Le cronache di questi ultimi mesi traboccano di preoccupate esternazioni degli stessi addetti ai lavori, i primi, nonostante l’abnegazione professionale della maggioranza di loro, a porre interrogativi sull’efficienza e la funzionalità dell’offerta assistenziale.
Il quadro di riferimento che ne scaturisce non fa felice nessuno. Probabilmente nemmeno Brazzoli. Al quale va comunque il ringraziamento di tutti noi per essere rimasto fino all’ultimo sulla tolda di una nave sgangherata, dentro la quale, chiusa una falla, c’era chi ne apriva subito un’altra.

Serve una svolta

Un’eredità scomoda quella che riceve Eugenio Porfido, il successore di Brazzoli, che da martedì prossimo prenderà il suo posto. Dicono che sia un duro. Mai come in questo momento gli ospedali dell’Asst della Valle Olona hanno bisogno di una mano ferma che li diriga. L’anno che sta per cominciare si annuncia decisivo, anzi, strategico per il futuro della Sanità di Busto, Gallarate e Saronno. Per la realizzazione del polo ospedaliero unico, ma prima ancora per riassestare l’esistente. Una sfida, non c’è dubbio. Il cui obiettivo è altrettanto inequivocabile: soddisfare la domanda di assistenza sempre più pressante, alla luce di una riforma sanitaria lombarda di cui non si conoscono ancora gli effetti e di una situazione complessiva che richiede e con urgenza una svolta positiva.

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