Se Andriy segnasse il gol della vittoria morale a Kiev

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Andriy Shevchenko con Beppe Sala a Milano

di Massimo Lodi

Le cronache raccontano d’un appassionato sostegno a qualunque intento/progetto a favore del popolo martoriato da Putin. Fra i tanti, l’iniziativa del sindaco di Milano Sala. Compare al fianco di Andriy Shevchenko annunciando il call center (02.02.05) d’ascolto-orientamento dei fuggiaschi e d’aiuto alle esigenze dei bambini, finanziato dall’indimenticabile stella del Milan; e spiega il molto in cui è impegnata la città medaglia d’oro della Resistenza per i profughi dalla guerra; e l’altrettanto che è determinata a materializzare nel futuro prossimo; e l’encomiabile tenacia con cui, a pro della sua gente, s’adopera l’ex calciatore rossonero e allenatore della nazionale ucraina. Dunque, chapeau , ammirazione, onore e avanti così. Non c’è persona dotata di raziocinio/umanità impermeabile allo spirito generoso, caritatevole, esemplare.

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Massimo Lodi

Però. Eccoci al però. L’Andriy venerato dalla moltitudine, non solo calcistica, del suo Paese; e mai finito nel recesso degli affetti meneghini e italiani, data la fenomenale storia calcistica che ha nobilitato il nostro sport; e icona d’atletismo non solo professionale, ma impregnato d’un senso etico non comune; e, insomma, campione dei campioni, dentro/fuori lo stadio, modello positivo di vita da indicare all’universo ragazzino e alla platea adulta; ecco, questo amatissimo Andriy, oltre a spendersi in ogni apprezzabile supporto ai connazionali – da Londra dove vive o da Milano dove transita o da ovunque gli piaccia risiedere piuttosto che passare – perché non va laggiù, di persona, in presenza, live. Tornando a casa, a fianco di parenti, amici, cittadini: gl’innocenti angosciati dall’assedio del Nazificatore, i disgraziati colpiti da luttuose truculenze, l’universo disperato d’una collettività sotto criminale scacco.

Senz’altro (1) ci saranno fondati motivi che han sconsigliato finora Andriy da una rentrée di straordinaria cifra politica: varrebbe più la sua presenza nel luogo del martirio di mille iniziative Occidente-Onu-Nato, e Macron-Johnson-Biden, e qualsiasi traccheggio negoziale/militare ci si possa inventare. Ma senz’altro (2) di fronte al netto esporsi sul luogo della guerra d’un popolarissimo simbolo mondiale, la campagna bellica/feroce di Mosca sembrerebbe ancor più lorda, inducendo forse un miracolato zar a pigiare sul freno.

Opinione (d’accordo) semplicistica se non banale, avventurosa e pasqualina. Eppure, girando per stadi, palestre, piscine; bighellonando tra uffici pubblici, supermercati, bar; salendo su autobus, taxi, treni; vivendo una normale, anonima, grigiobianca, pacifica quotidianità, questo wishful thinking – pensiero speranzoso, cauto e imbarazzato – ricorre. Altroché se ricorre: con accesi colori, gialloblù brillantissimo in primis. E ha le sembianze del più entusiasmante fra i gol di Sheva, quello che marcherebbe il trionfo morale a Kiev, propedeutico a futuribili, materiali vittorie. Chissà mai che non accada. Chissà mai che milioni di fedelissimi non ricevano la visita a sorpresa del loro papa laico: sono i giorni giusti.

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