Se Mattarella all’Ariston interpreta Zelensky

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Volodymyr Zelensky e Sergio Mattarella

di Massimo Lodi

Un po’ di fantasy, ma chissà se soltanto fantasy, sulla presenza di Sergio Mattarella a Sanremo. Il presidente ci va per celebrare il settantacinquesimo della Costituzione, ascoltando l’istitutional-show di Roberto Benigni. Ci va anche in omaggio all’altezza (sì, l’altezza) della popcultura nazionale, di cui il Festival è la massima espressione. Ci va infine per occupare idealmente la poltroncina di Zelensky. Siamo fuori di testa, peggio dei Måneskin? Può darsi.

Spiego il mental-sballo, di mia esclusiva responsabilità. Dunque: il capo dell’Ucraina voleva mandare a Amadeus un video da trasmettere sabato sera. Sono seguite polemiche di partito e di cittadini: che c’entra l’uomo Zeta fra le canzonette, che c’entrano le robe di guerra con lo spettacolo leggero, e qui e là e su e giù. Possibile, forse probabile, che Zelensky sia stato punto dai distinguo italiani e, siccome necessita del nostro unitario sostegno, abbia rinunciato alla telecomparsata. Meglio il compromesso della letterina che leggerà il presentatore. Si turbano meno le pelose coscienze, si conserva saldo il rapporto con un Paese solidale fin dal principio dell’invasione russa, si evitano dannose strumentalità di piazza.

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Massimo Lodi

È possibile, forse probabile, che il presidente della Repubblica -da sempre a fianco dell’uomo Zeta senz’alcuno scarto- voglia in modo figurato/virtuale sostituirne la figura dentro l’Ariston. Sillogismo semplice: Mattarella sta con Zelensky, Sanremo ospiterà Mattarella, Zelensky sarà presente tramite Mattarella. Certo, costruzione astratta, immaginaria, da nulla provata. Ma la sottigliezza politica -che appartiene al pregiato bagaglio democristiano di quest’amatissimo inquilino del Colle- ne prevede l’eventuale utilizzo.

Nessuno saprà mai quanto formale/inedita e quanto no sia la visita dell’illustre spettatore al Teatro dei fiori. Ma a chiunque è lecito pensare che Mattarella, forse a sua insaputa, dà memorabile lezione all’ipocrisia d’una quota di connazionali, al tartufismo d’altrettanta parte dell’internazionalità tremula, a tutti quelli che a parole stanno col popolo dei martoriati e coi fatti meno, assai meno. Sanremo è un fatto. D’eco mondiale. Concorrere alla sua realizzazione rappresenta una scelta ben misurata, altro che di circostanza. Comunque, storica.

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