Sequestro di persona, la difesa preannuncia ricorso: «Sentenza non condivisibile»

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SARONNO – Dodici anni di condanna per Francesco Crippa, l’uomo domiciliato a Garbagnate Milanese, accusato di sequestro di persona. La sentenza è stata emessa nelle ultime ore dal tribunale di Busto Arsizio riunito in Corte D’Assise, presieduta dal giudice Renata Peragallo. L’avvocato della difesa Redentore Bronzino del Foro di Monza non ci sta, tanto da aver già preannunciato ricorso in appello. “Si tratta – ha detto il legale – di una decisione davvero difficile da condividere”.

I fatti

I fatti risalgono al maggio del 2006, in un ufficio dentro un ristorante di Saronno il Grill inn lounge, nel primissimo pomeriggio erano presenti i soci e l’amministratore di fatto del locale aperto da pochi mesi cioè l’imputato Francesco Crippa. “L’intendimento di quest’ultimo – ha aggiunto l’avvocato Bronzino – era quello di promuovere la stipula tra i soci uscenti che avevano già ceduto le quote per loro esclusivo desiderio e i soci residui, ora proprietari esclusivi dell’impresa, di un accordo transattivo per definire il pagamento-rientro a favore dei primi. A tutti i soci uscenti erano stati corrisposti degli effetti bancari a garanzia del pagamento del loro credito. Durante l’incontro questi effetti sarebbero stati verosimilmente sostituiti con altri con date diverse da incassare come da accordi”. E ancora:“Due soci hanno consegnato spontaneamente gli effetti, uno no. Questo possedeva tre assegni pari a 70mila euro, cifra palesemente abnorme e frutto di una contrattazione con il Crippa il quale aveva acconsentito al rilascio di questi effetti per tale somma per lucrare la promessa per la quale il socio avrebbe acconsentito alla dilazione, non ponendo all’incasso gli assegni in assenza di provvista, essendo il locale aperto da nemmeno 5 mesi e sul quale gravavano ancora le spese per gli arredi”.

Il sequestro di persona

La vicenda è complicata: “Il socio tuttavia durante l’incontro ha minacciato di porre all’incasso subito gli effetti mandando letteralmente in rovina la società. Crippa a questo punto si è molto inalberato e gli ha dato due sberle in faccia e ha preteso la consegna degli assegni come è avvenuto. Il capo di imputazione recitava che tale consegna sarebbe avvenuta tramite una condotta violenta poichè il Crippa ed anche gli altri coimputati – due operai che lavoravano per e nel locale in quel momento entrati nell’ufficio – avrebbero privato della libertà personale il socio in un tempo compreso tra i 30 e 60 minuti”.

Pronto il ricorso in appello

Di qui il sequestro di persona, ma la difesa non ci sta: “Il pm ha invece chiesto l’assoluzione dei coimputati come infatti è avvenuto. Non si comprende come la corte di assise abbia potuto non tener conto delle ragioni del Crippa che ha agito solo per evitare che la società potesse essere protestata e inoltre del fatto che lo stesso certo non poteva sequestrare il socio da solo, senza la partecipazione di alcun concorrente nel reato. Peraltro lo stesso pm nella requisitoria aveva sostenuto che la porta dell’ufficio non era chiusa: evidentemente nessuno la presidiava, nè il Crippa né altri. Quindi il socio, avrebbe potuto comunque uscire”. Per la difesa quindi non ci fu alcun sequestro. “Si confida – ha concluso – che la corte di assise di appello di Milano faccia giustizia e scagioni il Crippa dalla grave accusa mossagli”.

Sequestro ricorso appello – MALPENSA24