Sesto, Gaia è più forte della malattia. Con una terapia genica sperimentale da record

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SESTO CALENDE – Spegnere la luce, di notte, può rendere una persona la più felice del mondo. Per Gaia Groppi è così. Un anno fa la 29enne di Sesto Calende iniziava una terapia sperimentale, con l’obiettivo di correggere un gene del fegato che per tutta la vita l’ha obbligata a prendere medicine e a seguire particolari procedure. Come dormire, nuda, sotto i raggi ultravioletti della fototerapia. Si chiama sindrome di Crigler-Najjar, è una rarissima malattia ereditaria del metabolismo della bilirubina. E ora Gaia le ha dato una spallata. Sì, perché «sono la prima persona in Europa, forse nel mondo, che ha ottenuto un effetto benefico dalla terapia genica, con tanto di cambio radicale nella quotidianità: ho spento la luce notturna».

«Sono nata girasole»

A chiederglielo, è in grado di costruire e smontare allo stesso tempo la sua malattia: «Sono nata girasole», dice. Proprio come il fiore «seguivo la luce naturale di giorno e, purtroppo, aggiungevo anche quella artificiale di notte». Questo è solo uno, forse il più ingombrante, degli effetti collaterali legati alla patologia che, come si può immaginare, non sono sempre semplici da affrontare. Anche da un punto di visto emotivo, soprattutto se va di pari passo con il burrascoso periodo dell’adolescenza. «In quegli anni non riuscivo ad accettarmi», racconta. «Quando qualcuno veniva a casa mia, proibivo di entrare in camera». La macchina della fototerapia era lì, ad aspettare la notte per vegliare sul suo sonno: «Mi vergognavo».

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Un esempio di fototerapia, dal sito dell’associazione Ciami

Per non parlare delle rinunce: niente gite scolastiche, niente pigiama party con le amiche. E le vacanze con la famiglia dovevano essere ben pensate: «Cercavamo posti con molto sole, perché i suoi raggi hanno un effetto che vale cinque volte la fototerapia». Come se non bastasse, l’altra conseguenza della sindrome. Quella che si riversa sul colore della pelle e degli occhi, che tendevano al giallo. «Non guardavo le persone quando mi parlavano, non volevo che chiedessero o facessero domande». Insomma, non sempre è stato semplice. «Crescendo ho capito che ero così, ho fatto pace con la situazione». Con una vita in linea con le aspettative: laurea, lavoro, matrimonio. E ora, la terapia che funziona.

Gaia prima della terapia (in alto) e ora

La prima a raggiungere l’obiettivo

Ad alimentare il suo sorriso, il progetto CareCN che attualmente è attivo solo in Italia, Francia e Olanda. A promuoverlo (finanziato da Telethon francese con i fondi di Horizon 2020) è stata l’associazione no profit Genethon, forte di un team di ricercatori e di laboratori in cui ha sviluppato la terapia. Con l’obiettivo di renderlo un farmaco. Prendendo contatto con le associazioni, Gaia è stata selezionata per fare un tentativo. Anzi, «un salto nel vuoto». Prima di lei, due persone hanno offerto il proprio corpo per un test, «ma nel giro di un mese si era subito visto che non avrebbe dato risultati». Da qui, l’intervento sulla 29enne: aumentando il dosaggio le hanno consegnato un primato della 29enne: «Sono la prima che abbia effettivamente raggiunto l’obiettivo». Dopo di lei, altre due ragazze hanno mostrato di raggiungere il traguardo.

Le difficoltà e i risultati

Le fatiche non sono mancate. «È stato un anno complesso, con controlli costanti all’ospedale di Bergamo». Tanto che «se me lo proponessero oggi, non la prenderei con la stessa leggerezza». Ma lo rifarebbe? «Sempre». Soprattutto di fronte allo spettro di una ben più drastica soluzione. «L’alternativa era il trapianto di fegato, che mi sono sempre rifiutata di fare». Anche perché la terapia genica – «di cui sento parlare da tutta la vita» – consiste nella «correzione di un enzima epatico che lavora meno del normale», quindi non è un problema che riguarda tutto l’organo. In ogni caso, la sua vita ha preso una piega diversa: «Non sono mai stata sola, ma sempre sostenuta dalla mia famiglia, da mio marito e anche dall’equipe medica che mi ha seguito». Quel che basta per un messaggio chiaro: «Bisogna credere nella ricerca scientifica e sostenetela. Ci sono eroi che cambiano la vita alle persone».

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