Bianco, Casale, Colombo e Mossolani: Somma unita sulle pietre d’inciampo

Samarate pietra inciampo Magnaghi

SOMMA LOMBARDO – Isaia Bianco, Giorgio Giuseppe Casale, Bruno Colombo, Carlo Mossolani. Quattro nomi che uniscono la politica sommese. Le discussioni di partito e le visioni differenti sono state messe da parte per un momento durante lo scorso consiglio comunale. Quel che basta per approvare all’unanimità la mozione presentata dalla Lega, fra i banchi della minoranza, per portare a Somma Lombardo quattro pietre d’inciampo. Un’iniziativa ormai diffusa in moltissimi Comuni, con l’obiettivo di onorare i cittadini che sono state vittime del nazifascismo, deportate nei campi di sterminio. Così che non vengano mai dimenticati.

Le pietre per ricordare

La richiesta del Carroccio che si radica nel Giorno della Memoria, che ricorre il 27 gennaio, «in ricordo di persone uccise nei campi di sterminio nazifascisti: 12milioni di bambini, donne, uomini di ogni età», ha sottolineato il capogruppo leghista Alberto Barcaro. «La memoria ha bisogno di testimoni e testimonianze. E tutti noi abbiamo il dovere della memoria, indispensabile, oggi più che mai». Ma poiché è necessario che «il ricordo esca dalla storia per calarsi nel presente», la pietra d’inciampo può essere il mezzo ideale per non dimenticare. In questo caso specifico, la proposta della Lega è il «luogo più rappresentativo della nostra comunità, quello più vissuto e che rappresenta anche un ponte tra
generazioni: il piazzale del Comune». Proprio lì, potrebbero essere «un simbolo potente, indelebile,
in grado di evocare storie di sofferenza
e che sapranno dare un nome ai nostri concittadini deportati».

L’iter

In aula tutti hanno ben accolto la proposta. Mentre l’assessore alla Cultura, Donata Valenti, ha dato un quadro del procedimento per renderla effettiva: «I tempi in genere sono un po’ lunghi», ha detto. «Si deve fare la richiesta e prima di riceverli possono passare anche due o tre anni». Questo perché alle spalle c’è tutto un procedimento, che include «una ricerca storica sulle persone deportate e la richiesta di permesso ai parenti, che possono bloccare la posa della pietra nel caso non approvino». Ma tutto sommato, si può affrontare: «È un iter lungo, ma fattibile». In genere, i sanpietrini dorati «vengono posizionati o davanti alle abitazioni delle persone, quando erano libere, o al luogo dell’attività lavorativa. Ma si può anche trovare un posto centrale della città, che però non siano piazze, aree parcheggio o cimiteri».

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