Sondaggio Confapi su imprese e lockdown, Varese teme la perdita delle commesse

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VARESE – «La preoccupazione più grande degli imprenditori, emersa dal sondaggio che abbiamo fatto tra tutti i nostri associati, è la perdita delle commesse. Situazione che potrebbe creare ripercussioni, ancora più pesanti, nell’immediato futuro». A dare voce alle paure del tessuto produttivo, messo di nuovo in grande difficoltà dal secondo lockdown è Piero Baggi, direttore di Confapi Varese: sulla base dei numeri percentuali emersi dal sondaggio, che ha coinvolto tutti gli associati, ha tracciato oggi, martedì primo dicembre, l’attuale quadro economico ma anche il sentimento che si respira nelle aziende di fronte a questa crisi che, oltre che sanitaria, è anche economica.

Il nuovo Dpcm e l’atteggiamento delle imprese

Il sondaggio predisposto da Confapi conteneva tutta una serie di quesiti funzionali a comprendere l’atteggiamento che le imprese hanno assunto alla luce del nuovo Dpcm, ma anche la situazione dei casi positivi al Coronavirus in azienda, come è stato riorganizzato il lavoro e quali siano le prospettive per il futuro. Tra i dati più interessanti vi è certamente quello relativo alle conseguenze avvertite da lockdown e zona rossa, e i timori. «Il 45% degli imprenditori hanno risposto che la preoccupazione maggiore è la perdita delle commesse – ha spiegato Baggi – il 10% la difficoltà a mantenere i livelli di occupazione preCovid, un altro 10% l’elevata pressione fiscale. Stessa percentuale anche per chi fatica a recuperare risorse finanziare per non fermare il processo produttivo».

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Un campanello d’allarme

Per il direttore di Confapi sono dati da analizzare con attenzione: «Il timore dei nostri imprenditori di perdere commesse deve essere letto come un campanello di allarme per le settimane a venire, quando, alla luce degli ordinativi che sono calati, potrebbe davvero farsi sentire in maniera ancora più forte la crisi». Anche perché durante questa seconda ondata del Covid, seppur tra moltissime difficoltà, i macchinari non si sono mai fermati: il 48%, infatti, ha risposto che ha lavorato a pieno organico, l’11% ha utilizzato lo strumento dello smart working, il 27% ha fatto ricorso alla cig e il 10% ha applicato una riduzione d’orario anche sulla base del consumo delle ferie arretrate».

Realtà in controtendenza

La seconda ondata del virus ha avuto ricadute sul tessuto produttivo pesanti e in alcuni casi contraddittorie. «Del comparto manifatturiero, il settore che più ha sofferto e soffre è il tessile. Il quale di fatto ha perso tre stagioni, soprattutto se si pensa a quelle produzioni strettamente legate alla moda. È invece in controtendenza il comparto meccanico, in modo particolare le imprese che lavorano molto con l’export e con il Far East, dove la ripresa è iniziata ormai da qualche mese. In questo caso abbiamo realtà in controtendenza, ovvero con una mole di lavoro a volte davvero importante, da arrivare a programmare la riduzione delle chiusure natalizie.

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