Tutti dalla parte del popolo, ma guai a illuderlo

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Gian Franco Bottini

di Gian Franco Bottini

Ho le mie idee, certamente, come è naturale che ogni persona le abbia, e vi assicuro che da anni sono  sempre le stesse. Non partecipo da tempo alla vita di alcun partito, come avviene per la maggior parte di  noi e come la maggior parte di noi cerco di seguire (e spesso mi piacerebbe anche capire!) le varie evoluzioni politiche  di questi ultimi anni. Come la maggior parte di noi sono però spesso confuso dalle  contraddizioni e dalla poca aderenza alla realtà di certe (im)posizioni  che vanno a toccare il quotidiano di  un popolo che, per essere onesti, mediamente non stà male ma che si sente scivolare lentamente la terra  sotto i piedi.

A proposito di “ popolo”, da un certo punto di vista fa molto piacere la rivalutazione che il  termine ha avuto  in questi ultimi tempi , da un altro punto di vista  una certa inflazione del suo utilizzo (Governo del Popolo,  Avvocato del Popolo, Europa è contro il popolo, Potere al popolo etc) crea un  sentore di superficialità nel suo utilizzo e fa venire alla mente certi eventi storici , lontanissimi nel tempo  e sicuramente non congruenti con  la nostra attuale situazione, che sotto l’ombrello del “popolo” crearono in Europa qualche problema al popolo stesso.

Del “popolo” ne ha parlato recentemente da queste pagine Andrea Mascetti, uno che viene definito “maitre à penser”, o meglio “eminenza grigia”, della Lega,   che a chi gli chiedeva la sua opinione sul termine “populismo” rispondeva esattamente così: “Dipende da cosa intendiamo per populismo Dato che siamo in democrazia il termine popolo ha un valore altamente democratico. Chi invece utilizza il termine populista in senso dispregiativo ha forse un’idea di se stesso un po’ troppo alta, magari autoconsiderandosi una elite senza che nessun fatto significativo lo abbia  portato ad essere davvero elite”

Una opinione totalmente condivisibile, soprattutto nella seconda parte,  in quanto il progressivo distacco dal popolo, sull’altare della difesa ad oltranza (anche personale) di una presunta posizione elitaria, ha causato la disgregazione di alcuni partiti che pure avevano recitato un ruolo primario nella storia degli  ultimi 20 anni. Voglio assolutamente negare qualsiasi risvolto elettoralistico nel mio discorso (sono purtroppo, come tanti, alla ricerca di una casa dove ricoverare le mie idee!) ma penso di dover completare la prima parte dell’opinione di Mascetti ricordando che la nostra democrazia assicura sì al popolo il diritto di partecipare, ma nell’ambito di un ulteriore importante diritto, che è quello di  delegare.

E allora questi nostri partiti populisti, destinati, per quel che si può vedere, a governare l’Italia nei prossimi anni,  devono essere attenti ad evitare di diventare  loro stessi una “elite”, cosa non semplice per alcuni di loro, la cui partecipazione ad importanti esperienze elitarie del passato non può certo essere ignorata. Ma che cosa è il popolo se non una massa variegata di persone che deve faticosamente essere riportata a fattor comune? Popolo è il disoccupato, come l’operaio, come il professionista o lo studente, l’artigiano e l’imprenditore, il pensionato o l’artigiano; tutti con i loro diversi problemi, tutti che legittimamente chiedono di essere protetti nei loro interessi da chi hanno democraticamente delegato a fare  ciò.

​Per governare un fenomeno così complesso bisogna che chi governa si guadagni una carismatica fiducia da parte della gente, una fiducia che gli consenta di essere credibile e accettabile pur nella difficoltà delle sua scelte prioritarie. Ma qui da noi, con le incombenti elezioni europee, è chiaramente difficile  sperare che tutto ciò si possa verificare nel breve; c’è più interesse a catturare il voto del popolo che non ad assicurarsi la sua fiducia. L’operazione andrà rimandata a dopo le elezioni e il vincitore, chiunque esso sia, dovrà costruire la sua credibilità nel mentre dovrà far dimenticare le tante promesse elettorali, i tanti slogan roboanti, gli sberleffi alle istituzioni, le risibili blandizie e così via.

E lo dovrà fare con personalità ma senza arroganza, con trasparenza e serietà, con lealtà e senza pelosa  furbizia, perché il popolo è generoso ma se si sente gabbato e preso in giro può anche “agitarsi”. La Francia ce lo sta insegnando! Su questo pensiero Di Maio dovrebbe riflettere, se dovesse toccare a lui, visto che del fenomeno “gilet gialli” pare che lui abbia capito davvero poco.

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