Tutti i dubbi sul decreto che blinda l’Italia. Per Fontana «si poteva fare di più»

MILANO – «Decreto da riesaminare. Contiene discrasie e servono nuove limitazioni». Così il governatore della Lombardia Attilio Fontana commenta le misure previste dal provvedimento con cui ieri sera, 11 marzo, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha stabilito di “blindare” tutta l’Italia per frenare l’emergenza coronavirus. Un decreto che però lascia molti dubbi e punti di domanda, da un lato per il lungo elenco, da molti ritenuto eccessivo, di eccezioni alla chiusura dei negozi, dall’altro perché alcune categorie non vengono prese in considerazione. «Servono chiarimenti sull’attività del terzo settore» per la deputata di Italia Viva Maria Chiara Gadda.

Fontana invoca «nuove limitazioni»

Dopo la videoconferenza ormai quotidiana con i sindaci dei Comuni capoluogo e i presidenti di Anci e Upl, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana ammette che «si poteva fare di più. Bisogna risolvere alcuni temi ancora irrisolti, a partire dalla sicurezza dei lavoratori impegnati nelle filiere produttive lasciate operative dal decreto». Per il governatore, il decreto «dovrà essere riesaminato perché ci sono ancora alcune discrasie» e può essere «migliorato, nel dialogo con il governo, gli stakeholder e le organizzazioni sindacali» con l’obiettivo di «individuare nuove limitazioni e cercare di attrarre ulteriormente l’attenzione dei cittadini sulla necessità di fare di più rispetto a quello che è stato fatto fino ad oggi». Anche perché il contagio procede e non ammette distrazioni. Al governo nel frattempo è stato chiesto di «sollecitare l’invio dei dispositivi di protezione personale, purtroppo ancora insufficienti», mentre con i sindaci si è condivisa la necessità di «rimodulare, non sospendere» il trasporto pubblico.

Astuti (Pd) chiede controlli

Il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti chiede che «la Regione, attraverso le ATS, controlli che vengano garantite le condizioni di sicurezza per i lavoratori che sono chiamati a continuare la propria attività», come espressamente previsto dal Dpcm 11 marzo. «Sindacati e imprenditori mettano in atto in ogni azienda i protocolli e gli accordi necessari per la tutela di tutti i lavoratori che devono essere messi nelle migliori condizioni possibili», anche perché «le sanzioni hanno a che fare con il codice penale». Ecco perché, per Astuti, Regione Lombardia dovrebbe convocare il tavolo del Patto per lo Sviluppo e «promuovere attraverso di esso la massima collaborazione tra le parti sociali e datoriali per far sì che i lavoratori vengano garantiti nella loro sicurezza». Una richiesta che è stata fatta anche dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil.

Gadda (IV): un lasciapassare per il terzo settore

La deputata varesina di Italia Viva Maria Chiara Gadda lancia invece un appello al governo sulla situazione del terzo settore: «Il mondo del volontariato ha bisogno di immediati chiarimenti e provvedimenti, altrimenti servizi fondamentali di assistenza alle persone e un milione di posti di lavoro rischiano di andare in sofferenza. Ogni minuto è prezioso per l’assistenza alle persone più fragili che necessitano anche di alimenti e farmaci: occorre chiarire che dalle nuove misure restrittive, ferme restando tutte le misure precauzionali, vanno esclusi tutti gli enti di terzo settore che si occupano di assistenza agli indigenti». Mense, ma anche servizi di ritiro e consegna del cibo avanzato e dei pacchi alimentari. «Si dica con nettezza che lo svolgimento dell’attività dei volontari iscritti nell’apposito registro tenuto dagli enti, può farsi rientrare nel concetto di “spostamenti motivati da situazioni di necessità” per gli aiuti alimentari e farmaceutici. Evitiamo che i territori si muovano in ordine sparso o peggio che famiglie e persone fragili si sentano lasciate sole in questo momento». Gadda invoca anche lo sblocco dei fondi del 5 per mille per dare respiro al volontariato in un momento di difficoltà.

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