Univa lancia l’allarme: «La crisi rallenta l’industria di Varese. Il governo ci ascolti»

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VARESE  – «La produzione industriale varesina rallenta, lo dicono i dati sui consumi energetici nelle imprese». E’ questo il dato emerso durante l’ultima riunione del Consiglio Generale di Univa, che mostra anche un calo dell’export, dato che nei primi 9 mesi le vendite all’estero segnano -12,9%. 

«Peggiora l’andamento dell’attività industriale in provincia di Varese». A dirlo e a fare da termometro della produzione manifatturiera locale è l’indice dei consumi energetici elaborato da Energi.Va, il Consorzio di acquisto per l’energia elettrica e il gas dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Su un campione di 202 aziende, per un totale di 310 punti prelievo, è emerso che ad ottobre la variazione di GigaWatt è stata del -8,7% rispetto allo stesso mese del 2019.

Nel mese di aprile Energi.Va aveva registrato un -34%, a luglio un -18,8% per arrivare poi a settembre, mese in cui sembrava avviata una certa ripresa con una molto più risicata flessione del -1,3% rispetto a settembre 2019. Più o meno gli stessi livelli di un anno fa. «Ad ottobre, invece, la discesa ha ricominciato a farsi ripida, segno delle difficoltà che ancora continuano a vivere le nostre imprese», ha commentato il presidente dell’Unione Industriali, Roberto Grassi, durante il Consiglio Generale dell’Associazione Datoriale, riunitosi in videoconferenza per fare il punto sulla situazione economica varesina a fine anno.

Consumi energetici

Un bilancio che rischia di essere più negativo rispetto agli spiragli di ripresa che facevano ben sperare in estate. In totale, il dato cumulato tra gennaio e ottobre 2020 indica un calo dei GigaWatt richiesti dalle imprese industriali del Varesotto del -12,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un trend in linea con l’andamento osservato a livello nazionale sui consumi elettrici industriali da Terna che ha registrato negli stessi mesi un -10%.

Esportazioni

«A trainare al ribasso le performance delle nostre imprese – spiega Grassi – non è solo il mercato interno. La pandemia sta colpendo tutto il mondo, anche i consumi internazionali, soprattutto in quei Paesi che sono partner storici nel commercio estero del Varesotto e questo sta frenando quella nostra punta di forza che ha sempre fatto da paracadute dell’economia locale nei momenti di difficoltà: l’export».

Secondo gli ultimi dati Istat sul commercio internazionale elaborati dall’Ufficio Studi Univa nel periodo tra gennaio e settembre le imprese della provincia di Varese hanno esportato beni per 6,4 miliardi di euro con un calo del -12,9% rispetto ai primi nove mesi del 2019. Un dato in linea con l’andamento nazionale (-12,5%) e con quello lombardo (-13,4%).

Soffrono tutti i settori. Un calo considerevole è quello a cui si assiste nelle esportazioni di macchinari e apparecchi, particolarmente radicato nel Varesotto: -16,2%. Male anche i prodotti chimici (-14,8%) e gli articoli in gomma e materie plastiche (-12,8%). In flessione anche le vendite oltre confine dei mezzi di trasporto, che a Varese è, più che in altri territori, sinonimo di aerospazio: -22,8%. Soffrono anche i prodotti in metallo (-17,9%) e il tessile e abbigliamento (anche in questo comparto l’arretramento è del -17,9%). Tra le poche realtà che riescono a fare eccezione ci sono i prodotti farmaceutici, con un netto +38,1%, e quello dei computer, degli apparecchi elettronici ed elettromedicali, con un +6,7%.

Manovra di Bilancio

«Per rilancio della nostra economica la Manovra di Bilancio all’esame del Parlamento dovrebbe puntare su tre linee di azione: sostegno agli investimenti privati in chiave di ricerca, innovazione tecnologica e sostenibilità, e il rilancio di quelli pubblici; sostegno alla riorganizzazione del lavoro, all’occupazione e alla formazione del capitale umano; rafforzamento della capacità amministrativa ed efficienza della spesa pubblica».

Sul primo driver, quello degli investimenti, Univa loda il quasi totale recepimento delle richieste di Confindustria sul potenziamento e la proroga delle misure del Piano Transizione 4.0. «L’impianto nel complesso è positivo. Unica nota: potrebbe essere comunque ulteriormente rafforzato e prolungato di almeno un triennio.  Male, invece, il secondo driver, quello dell’occupazione: su un tema così cruciale continua a mancare un disegno organico per l’uscita dall’emergenza e il sostegno ad una ripresa del mercato del lavoro. Sul terzo driver la manovra è completamente assente, specie se si considera il deficit di capacità amministrativa, che caratterizza i processi decisionali italiani e la qualità dei servizi pubblici. Un gap di cui siamo molto preoccupati soprattutto in vista dell’utilizzo delle risorse messe in campo dall’Europa con il Next Generation EU».

Piano di ripresa e resilienza Next Generation Italia

È proprio sul Piano di ripresa e resilienza Next Generation Italia che il tono di Roberto Grassi diventa più amaro, facendosi interprete degli umori degli imprenditori del territorio che compongono il Consiglio Generale di Univa: «E’ incredibile che ancora una volta il dibattito politico continui a perdersi in lotte intestine, anziché concentrarsi sul delineamento di una chiara strategia e di una precisa visione. Su un tema così dirimente per il nostro futuro rischiamo di perderci in piccoli conflitti con l’immancabile minaccia di apertura di una crisi di governo. Quello dei tempi è, infatti, un tema cruciale. L’ottenimento delle risorse è legato ad una tabella di marcia per la quale l’Italia rischia di essere in ritardo, visto quanto sono avanti molti altri partner europei. Ma non è solo una questione di rispettare le tempistiche di presentazione del Piano. Un vincolo importante è anche quello di spendere tutte le risorse (che saranno erogate tra il 2021 e il 2023) entro e non oltre il 2026».

La costruzione di una governance efficiente nella gestione del Piano è fondamentale per gli industriali varesini: «Rischiamo come paese di perderci nei soliti meandri di una Pubblica Amministrazione poco moderna e troppo burocratizzata. Ecco perché Confindustria continua a richiedere una riforma della PA: anche per saper cogliere queste opportunità».

Ecco allora che l’appello è ancora quello di valorizzare il ruolo delle parti sociali. «Richiesta che rimane inascoltata, dato che nel dibattito in corso nessuno fa riferimento a come sfruttare le potenzialità di quel Comitato di Responsabilità Sociale che ha il compito di coinvolgere le parti sociali proprio nell’attuazione del Piano Nazionale e all’interno del quale Confindustria potrebbe portare il proprio decisivo contributo».

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