Nuova Lega e candidati sindaci, quando c’era lui: Umberto Bossi

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Lega (e candidati sindaci) tra passato e presente

VARESE – Il tira e molla per la scelta del candidato sindaco del centrodestra di Varese ci riporta indietro negli anni, quando la Lega era la Lega di Bossi e, come si diceva allora, “non si muove foglia che Umberto non voglia”. Lui, il Senatùr, il capo indiscusso del movimento prima secessionista poi federalista poi boh, parlava di “democrazia dal basso”. In verità era lui che decideva, al massimo chiedeva il parere di qualche fedelissimo, ma l’ultima parola era sempre la sua. Anche sui candidati sindaci. Ne dovrebbe sapere qualcosa proprio Attilio Fontana, oggi presidente della Regione Lombardia, all’epoca della sua corsa per Palazzo Estense (2006) presidente del consiglio regionale.

Il Comune varesino usciva dalla bufera giudiziaria che aveva coinvolto il primo cittadino Aldo Fumagalli, immischiato in una brutta faccenda di prostituzione (memorabile un corsivo della Prealpina intitolato “In Aldo i cuori”). La Lega aveva bisogno di un nome di prestigio per risollevare le sorti della municipalità. Prestigio da declinare con competenza, serietà, affidabilità. Fontana veleggiava al Pirellone e non risulta fosse entusiasta del demansionamento istituzionale che gli veniva prospettato: da Milano a Varese, in retromarcia. Racconta chi la sa lunga, che fece le bizze, puntò i piedi, ma dovette ubbidire al Capo, che con la sua tipica voce roca, gli ordinò di dimettersi dalla Regione per candidarsi nella Città Giardino.

Come creava candidati, allo stesso modo li bruciava: Umberto Bossi non ha mai brillato per leggerezza e gentilezza. Contro un malcapitato ingegnere di Busto Arsizio, indicato dalla sezione cittadina come possibile primo cittadino, il Senatùr emise una sentenza. Durante una pizzata dopo un comizio, gli presentarono questo signore che, timoroso, gli allungò la mano. Bossi lo squadrò da cima e fondo, non disse nulla per poi, a un certo punto, rivolgendosi a Francesco Speroni e all’indimenticato Marco Sartori, seduti accanto a lui, emettere il verdetto: “Non mi piace, trovatene un altro”. In quei tempi, “trovarne un altro” era piuttosto facile data la crisi di abbondanza che faceva forte la Lega (seconda metà degli anni Novanta). Busto si orientò su Gianfranco Tosi, che fu sindaco per due mandati pieni.

Sappiamo come stanno andando oggi le cose. Bossi è in panchina, anche per motivi di salute non ha più voce in capitolo, la Lega non è più quella di allora, e chi ha preso lo scettro del comando, pur bravo fin che si vuole, non ha il carisma del suo predecessore: Bossi in canottiera in Sardegna era tutto un programma, Salvini che beve mojito al Papeete provoca polemiche. E i candidati? A Varese manca soltanto che sfoglino l’elenco telefonico per trovare qualcuno disposto ad assumersi l’onere di una bagarre elettorale. A quanto pare, gli attuali consiglieri regionali e parlamentari sono tutti in fuga da scomode retrocessioni, che non sono soltanto di ruolo. Perché di uomini e donne autorevoli la nuova Lega ne ha ancora, e parecchi, ma sono occupati altrove. Se non sono cambiate le persone, di sicuro sono cambiati lo spirito e le prospettive del movimento. C’era una volta la Lega di lotta e di governo, ora c’è la Lega. Punto. Che somiglia tanto a un partito della politica politicante. E di Bossi, lasciatecelo dire, ce n’è stato soltanto uno. Tutti quelli che sono venuti dopo, se non sono nessuno non sono nemmeno la sua brutta copia.

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