Contro la violenza di genere: i sei anni in prima linea della procura di Varese

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VARESE – Per contrastare la violenza di genere e domestica e per alleviare il più possibile i disagi che le vittime di violenza incontrano quando si risolvono a chiedere giustizia, la Procura della Repubblica di Varese ha assunto numerose iniziative: ecco la cronistoria dell’impegno messo in campo dagli uffici giudiziari diretti dal procuratore di Varese Daniela Borgonovo negli ultimi sei anni.

Tutte le iniziative

Nel 2015 è stato costituito un gruppo di Magistrati specializzati, scelti per attitudine ed esperienza,  ai quali sono  assegnati i reati di violenza di genere e domestica nei confronti delle donne, dei bambini e dei soggetti comunque vulnerabili,  inclusi tra i procedimenti a trattazione prioritaria.  I magistrati assicurano un turno di reperibilità specifico per questi reati  –  in aggiunta al turno di reperibilità e urgenze ordinario – e seguono personalmente i relativi dibattimenti per assicurare la continuità dell’accusa anche nelle fasi successive all’indagine preliminare

Sempre nel 2015 all’interno della Procura è stato attivato un Ufficio Violenza domestica e di genere, coordinato da un Ufficiale di polizia giudiziaria specializzato, che collabora con i Magistrati nelle indagini, in particolare nelle audizioni protette, e assicura un immediato intervento nei casi di urgenza e una diretta collaborazione con le Forze di polizia, gli Ospedali, gli Istituti scolastici,  i Servizi Sociali, i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, ove sia necessario risolvere questioni urgenti relative alla messa in protezione della donna o del minore. Attualmente, l’Ufficio comprende anche un’assistente sociale per i necessari contatti con i Servizi Sociali di riferimento per raccogliere informazioni nell’immediatezza sul contesto familiare della vittima, se già noto, e sui provvedimenti eventualmente già adottati.

E’ stato istituito con l’Ordine degli Avvocati di Varese, all’interno del Palazzo di Giustizia, uno “Sportello per le vittime“, attivo dall’aprile 2017.  Sportello che consiste in uno spazio di ascolto, riservato e gratuito, ove avvocati con specifica formazione ed esperienza, iscritti all’Albo speciale della Regione Lombardia, forniscono alle vittime informazioni concrete sui loro diritti e sugli strumenti a disposizione, per consentire scelte consapevoli ed un aiuto altrettanto concreto quando le stesse decidono di avviare un percorso di riscatto e liberazione. Sportello dedicato anche agli operatori dei servizi pubblici – insegnanti, medici, assistenti sociali –  e delle associazioni private in contatto con le vittime dei reati di violenza, che necessitano di informazioni di carattere legale e pratico.

E’ stato realizzato e stampato, con l’Ordine degli Avvocati di Varese, un opuscolo contenente tutte le informazioni alle vittime di violenza previste dall’art. 90 bis del codice di procedura penale, introdotto dalla Legge n. 212 del 2015 di ratifica della Direttiva n. 29. L’opuscolo illustra i diritti delle persone offese, offre suggerimenti sui luoghi dove presentare denuncia, sui Centri Antiviolenza, sugli ospedali specializzati. È stato distribuito alle Forze di polizia, ai Centri Antiviolenza, agli Ospedali per la successiva consegna alle vittime.

Nel 2018 è stata costituita, chiudendo un corridoio a piano terra del Palazzo di Giustizia, un’aula per le audizioni protette e gli incidenti probatori, per assumere le prove di reati violenti in condizioni di dignità e sicurezza per le vittime, con strumenti tecnologici avanzati. Un’aula composta da due locali divisi da specchio con ingressi separati così da non consentire contatti tra vittima e persona accusata, come richiesto dalla Direttiva 29 del 2012.  Un’aula necessaria per adeguare il processo penale alle recenti riforme che, in ottemperanza alle convenzioni internazionali e alle direttive europee,  hanno decisamente anticipato la raccolta della prova dichiarativa in contraddittorio dal dibattimento alla fase delle indagini, nell’incidente probatorio.

Per creare sinergie con effetto moltiplicatore (anche in termini qualitativi) sui risultati dell’azione giudiziaria, sono stati periodicamente organizzati incontri di formazione, anche integrata, con le Forze di polizia, i Servizi sociali, il personale della Scuola e della sanità, psicologi e avvocati,  per imparare un linguaggio comune e rendere effettiva la sinergia tra Istituzioni.

Formazione integrata

Sono stati realizzati, dal 2017, incontri di formazione con le Forze di polizia per formare operatori specializzati nella raccolta degli elementi probatori e nella valutazione dei rischi cui può essere esposta la persona offesa, professionalmente preparati a ricevere le denunce, con l’ausilio di psicologi e anche interpreti, nel caso la vittima non sappia esprimersi compiutamente nella lingua italiana, in grado di contattare e avviare la vittima verso i Servizi per la presa in carico. In effetti, una denuncia raccolta superficialmente, senza cercare nell’immediatezza elementi di riscontro (tra l’altro, anche al fine di evitare ipotesi accusatorie eventualmente infondate), può provocare danni incalcolabili (la reiterazione del reato, la restituzione di minori a genitori abusanti, l’assoluzione all’esito del dibattimento con eventuale denuncia per calunnia e, sempre, la vittimizzazione secondaria della persona offesa). Si è ritenuto dunque assolutamente indispensabile esigere che la polizia, fin dal primo intervento, lavori con impegno per la ricerca di elementi di riscontro, senza pregiudizi, applicando protocolli d’indagine chiari e condivisi con la consapevolezza che, all’inizio di un’indagine, non si sa cosa potrebbe rivelarsi utile per l’accertamento della verità, e che spesso ciò che non viene raccolto subito potrebbe non essere più recuperato. Solo un serio lavoro investigativo può consentire interventi cautelari solidissimi a protezione delle vittime e sentenze di condanna in tempi brevi, così favorendo anche una vera e propria prevenzione della violenza. Il contenuto di questi incontri di formazione è stato riversato in un opuscolo, che è stato diffuso alle Forze di polizia del territorio,  contenente le direttive per il primo intervento in caso di violenza e la modulistica.  Altri incontri di aggiornamento, illustrativi della direttiva emanata in occasione dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2019 cd. Codice Rosso, hanno fatto seguito.

Sono stati realizzati incontri di formazione con psicologi e neuropsichiatri del circondario, con l’ausilio di una psicologa forense di grande esperienza e competenza,  finalizzati ad un confronto ed una riflessione sul ruolo dell’esperto, sulle modalità dell’audizione protetta e in sede di incidente probatorio – per  favorire l’acquisizione di dichiarazioni genuine, prive di suggestioni e condizionamenti, e preservare la vittima da rischi di vittimizzazione secondaria derivanti da interviste ripetute e mal condotte – e sul contenuto stesso delle  consulenze. Hanno aderito quaranta psicologi e neuropsichiatri del territorio e all’esito delle due giornate di lavoro è stato formato un albo interno degli esperti disponibili alle audizioni protette e degli psicologi e psichiatri con più esperienza specifica disponibili ad effettuare consulenze tecniche ed è stato elaborato e condiviso  un quesito di base standard.

Sono stati realizzati incontri di formazione con i Servizi Sociali e i Centri Antiviolenza, che svolgono un ruolo essenziale sul territorio, assicurando una mediazione tra situazioni di disagio, anche penalmente rilevanti, e le Autorità chiamate ad intervenire,  il personale della scuola e della sanità,  per individuare prassi per una collaborazione concreta per la protezione delle vittime, con particolare riferimento alla loro presa in carico e alla segnalazione all’Autorità Giudiziaria.

E’ stato realizzato, nel 2021, un master di specializzazione con la Facoltà di Medicina dell’Università dell’Insubria Dipartimento di Psicotraumatologia – al quale si sono iscritti funzionari di polizia, avvocati, educatori – sulla violenza di genere e domestica sulle donne e sui bambini, sul trauma che ne consegue e sulle modalità di intervento per agevolarne l’affrancamento e il superamento, al quale hanno partecipato come docenti, a titolo gratuito ovviamente,  i pubblici ministeri dell’Area di specializzazione nei reati contro la violenza di genere e domestica.

Innovativi protocolli operativi

Un protocollo con la Procura per i minorenni di Milano  nel 2020, con il quale è stato stabilito che le comunicazioni di notizia di reato con bambini coinvolti devono essere indirizzate solo alla Procura ordinaria competente, che provvederà ad avvisare senza ritardo la Procura minori ex  art. 609 decies c.p. attraverso un sistema di mail dedicate, così instaurando un immediato rapporto di collaborazione con il P.M. competente, indispensabile per bilanciare l’interesse all’accertamento del reato  e delle penali responsabilità con la tutela del bambino, che in ogni caso non può prescindere dall’accertamento del fatto.

Un protocollo operativo con Asst Sette Laghi, nel 2018, con il quale è stato realizzato il “Percorso dedicato alle donne che subiscono violenza e si presentano al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Circolo di Varese”,  in applicazione delle Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio sanitaria alle donne vittima di violenza (D.P.C.M. 24 novembre 2017 pubblicato sulla G.U. n. 24 del 30.1.2018), per assicurare alle donne vittime di violenza di genere e domestica, che si presentano in Ospedale, un’accoglienza da parte di personale specializzato, adeguatamente formato per prestare non solo assistenza sanitaria e competenza nella ricerca delle tracce del reato e nell’acquisizione e conservazione dei reperti, ma anche assistenza psicologica, e in grado di farsi carico, in presenza di un rischio valutato grave, di trattenere la donna (ed eventualmente i suoi figli) all’interno degli stessi reparti ospedalieri, interdetti all’aggressore per il tempo strettamente necessario all’attivazione dei servizi sociali del territorio e al trasferimento della donna con i suoi figli in una Casa Rifugio.

 Con Asst Sette Laghi è stato stampato anche un cartellone informativo, esposto nelle sale di attesa degli ospedali, in Tribunale, negli studi medici, nelle scuole, nei Comuni, nei luoghi pubblici, per promuovere l’emersione di questi reati.

Un analogo protocollo operativo con ASST Sette Laghi, nel 2020,  per i minori vittime di violenza che si presentano al Pronto Soccorso Pediatrico dell’Ospedale del Ponte di Varese, che prevede il coinvolgimento della Procura per i minorenni di Milano.

Una convenzione con la Casa Rifugio Fondazione onlus Felicita Morandi, accreditata da Regione Lombardia,  per l’invio immediato di donne vittime di violenza, anche con bambini,  che non possono rientrare nella loro abitazione dopo la denuncia o l’intervento della polizia.

Una Convenzione con Soroptimist International, associazione internazionale femminile a carattere apolitico, senza fini di lucro,  per lo svolgimento di attività di volontariato in Procura delle donne vittime di violenza, al fine di accrescere la fiducia delle vittime nel sistema giustizia e favorire il loro reinserimento nel mondo del lavoro (la prima donna ad aver fruito della convenzione è stata recentemente assunta a tempo indeterminato con la qualifica di operatore giudiziario dal Ministero della Giustizia).

E’ stato infine sottoscritto, nel mese di giugno 2021, un protocollo d’intesa con Asst Sette Laghi, al quale ha fatto seguito un vero e proprio Protocollo Operativo con la Questura di Varese, il Comando provinciale Carabinieri, il Comune di Varese, l’Ordine degli Avvocati e l’Università dell’Insubria,  al quale hanno aderito la Casa Rifugio Felicita Morandi e i Centri Antiviolenza delle rete territoriale riconosciuti da Regione Lombardia,  per la realizzazione di un centro di servizi multidisciplinare che concentri in un unico luogo di accoglienza e gestione l’intervento di tutte le Istituzioni interessate da un fatto di violenza di genere o domestica, denominato “Casa della nutrice”.

La struttura, che ha ottenuto il patrocinio della Commissione Europea perché primo caso in Italia del modello americano di Family Justice Center, è attiva dal 1 dicembre  2021. Concentra in un unico edificio, di fronte all’ingresso dell’Ospedale Del Ponte di Varese,  tutti i servizi (ascolto, informazioni legali, assistenza psicologica, visita medica, denuncia, audizione con videoregistrazione ecc.) e solleva la vittima dalla necessità –  nella pratica rivelatasi spesso insuperabile –  di individuare competenze e luoghi istituzionali, demandando alle Istituzioni interessate ogni compito di coordinamento e di gestione delle possibili interferenze nello svolgimento dei compiti relativi: non è la vittima a recarsi alla Stazione Carabinieri a denunciare,  in Ospedale a farsi visitare, in Procura a rendere dichiarazioni. Sono le Istituzioni che intervengono nella Casa della nutrice. 

La concentrazione fisica dei servizi consente, inoltre, per un verso di raccogliere tendenzialmente in una sola dichiarazione il racconto dei fatti subiti dalla vittima (così come impongono le direttive della legge, anche a livello europeo), e di garantire, anche per tal via, l’aiuto più rapido ed efficace. Consente, per altro verso, l’utilizzazione più razionale delle risorse umane e materiali ed il coordinamento degli interventi con finalità sanitarie, assistenziali e giudiziarie, accrescendo la consapevolezza dei rispettivi operatori, il loro livello di specializzazione, la loro attenzione alle esigenze concorrenti nella complessiva reazione istituzionale al fatto di violenza, nella comune consapevolezza che ogni ritardo di intervento, ed ogni indifferenza per le reciproche e specifiche esigenze, indeboliscono la risposta istituzionale al gravissimo fenomeno sociale, mortificano le vittime, aumentano la loro esposizione a rischio.