Ucraina, la Varese in prima linea. Avsi Polonia: “E’ il tempo dell’aiuto. Aiutateci”

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VARSAVIA – Solidarietà Italiana in Polonia. Con la guerra in Ucraina ad un passo e tanto da fare sul fronte dell’accoglienza la parola “rete” è un dogma. Le più grandi associazioni italiane a Varsavia hanno unito le forze per sostenere l’azione umanitaria della Polonia a sostegno dell’Ucraina. Il 26 febbraio, Piero Cannas Presidente della Camera di Commercio e Industria Italiana in Polonia, Donato Di Gilio Presidente della Avsi Polska, e Carlo Paolicelli Presidente del Comitato della Società Dante Alighieri di Varsavia hanno stretto un patto.

Putin è Hitler

A guidare Avsi Polska, tra i 35 fondatori di Avsi Foundation, è l’imprenditore varesino Di Gilio da 30 anni in Polonia che oggi a Malpensa24 spiega come si lavora sul fronte dell’accoglienza in uno degli Stati più prossimi al confine ucraino e cosa si dovrebbe fare, anche in Italia, guardando al dopo emergenza da adesso. La sua voce arriva chiarissima da una chiamata WhatsApp alle 14 di ieri, sabato 5 marzo. “Putin oggi è come Hitler nel 1939. Il primo voleva riunire i popoli germanici. Il secondo quelli di lingua russa. Chi è Putin gli Stati lo sanno da 20 anni. E il disegno è chiaro dal 2008 quando invase la Georgia, seguita dal 2014 dalla Crimea“.

A piedi per 50 chilometri

La Polonia è uno degli Stati più vicini all’Ucraina che sta accogliendo migliaia di profughi. “Gli arrivi sono quotidiani: 24 ore su 24 – dice l’imprenditore varesino – Donne e bambini. Gli uomini non possono passare la frontiera, ma credo che nessun ucraino lo farebbe anche potendo. Arrivano a piedi per lo più. Nella parte ovest del Paese, non ancora sotto pesanti attacchi da parte dei russi, i treni continuano a circolare, ma per la maggior parte abbiamo donne e bambini che scappano in auto e quando la benzina finisce percorrono anche 50 chilometri a piedi per raggiungere la Polonia trascinando un trolley a rotelle“.

Il sistema dell’accoglienza

Qui comincia l’accoglienza. “Che in Polonia funziona con un’efficienza straordinaria: Stato, Chiesa e associazioni insieme – spiega Donato Di Gilio (nella foto a sinistra) – Queste persone sono assistite in tutto dal primo metro che percorrono in territorio polacco. Vengono registrati, sostenuti dal punto di vista medico. Per molti si tratta di un ricongiungimento: in Polonia lavorano ogni anno sino a 2 milioni di cittadini ucraini. L’economia polacca è forte e molto sostegno arriva dalla manodopera ucraina. Altri qui non hanno nessuno: vengono assistiti all’istante e immediatamente portati in pullman verso il centro di accoglienza di riferimento”.

Una rete vera

Si parlava di rete. Rete con la campagna a sostegno dell’accoglienza promossa da Avsi. Ma anche rete sul territorio: “Noi abbiamo incontrato il viceministro allo sviluppo e alle tecnologie e il viceministro all’istruzione. Oltre ai sindaci di due città al confine con l’Ucraina: Chelm e Wegrow – spiega Di Gilio – E’ fondamentale che ci sia un coordinamento. Siamo in contatto con le Caritas alle quali forniamo fondi. C’è una collaborazione fortissima con la Caritas di Lubin, ad esempio. Stiamo assistendo a una vera e propria gara di solidarietà. Ovviamente più il flusso di rifugiati, o sfollati che dir si voglia, aumenterà, più aumenteranno i problemi. Ma ci stiamo preparando”.

Cosa possiamo fare?

In Italia il sentimento di impotenza a fronte di una guerra che riguarda tutti è tangibile. Cosa possiamo fare? “Le donazioni sono importanti. Io rappresentato Avsi, ma sono tante le realtà accreditate che hanno in atto campagne di raccolta fondi. Ne cito una: la Croce Rossa, ma ce ne sono tante altre – spiega l’imprenditore varesino – E poi torno sul punto del dopo emergenza. Che va pensato adesso. Non tra tre mesi. Va messo in campo da subito: un percorso di integrazione. In Polonia, ad esempio, i ragazzi vengono immediatamente inseriti nelle scuole. Un mezzo che serve anche per restituire loro normalità. Fondamentale dal punto di vista psicologico”.

Autonomia integrata

Un percorso di integrazione con corsi di lingua italiana, formazione e inserimento lavorativo. I ragazzi a scuola da subito, come in Polonia. “L’autonomia integrata è la base dell’accoglienza sostenibile. In Italia c’è bisogno di forza lavoro: iniziare adesso il percorso di integrazione è fondamentale”. Quando si dice fare rete significa anche “Che rappresentanti Avsi da Milano, ma anche e soprattutto da zona abituate purtroppo a fronteggiare emergenze umanitarie causate da guerre, come Haiti o Paesi africani, sono arrivati qui per portare il loro know how nella gestione dell’emergenza in questi contesti”.

La guerra economica

Domanda secca: la Polonia è vicina al fronte. C’è preoccupazione? “Sicuramente c’è attenzione – spiega Di Gilio – Molte aziende che lavorano con la Russia si sono viste cancellare i contratti. Altre, con l’entrata in campo del famoso Swift, non stanno ricevendo i pagamenti. Non potendo e non volendo mettere “gli stivali sul terreno”, come dicono gli anglosassoni, abbiamo scelto la via delle sanzioni. Che hanno ripercussioni anche per noi: ricordo che in Polonia operano oltre 2mila società italiane, di cui mille di capitale. Inevitabilmente ci saranno ripercussioni anche per l’Unione Europea. Se e quando arriveranno, noi dovremo essere solidali: andare avanti e non scendere in piazza gridando Piove Governo Ladro”.

La resistenza ucraina

La preoccupazione è anche per un possibile attacco: “Da Leopoli al confine polacco ci sono 150 chilometri in linea d’aria – spiega l’imprenditore varesino – Basta un missile. E potrebbe essere la terza guerra mondiale”. Nessuno si piegherà? “Di certo non qui – spiega Di Gilio – Faccio un esempio: 60mila lavoratori ucraini impiegati in Polonia sono tornati in Patria per combattere. Le aziende hanno loro anticipato tre mesi di stipendio e conserveranno per altrettanti mesi il loro posto di lavoro. Questo non perché le aziende polacche vogliano incoraggiare la guerra, ma per rispetto nei confronti di un popolo. Un popolo che ha dimostrato di poter essere una spina nel fianco dei nemici: l’esercito partigiano ucraino lo è stato per i nazisti prima. E per i comunisti poi, sino al 1954. Non si piegheranno”. Putin potrebbe vincere la guerra “potrebbe, ci auguriamo di no, ma non vincerà la guerriglia. Non li piegherà. E su un territorio così vasto come quello ucraino cercare di schiacciare la resistenza sul lungo periodo rappresenterà un bagno di sangue economico per Putin e le casse russe“.

Putin il pazzo

Putin si fermerà? “Spero di sì. Ma nulla è certo. Dal XVII secolo i polacchi non credono a una parola di quello che dicono i russi. La follia di Putin è all’ennesima potenza: potrebbe spaccare l’Ucraina in due, come potrebbe, seppur ipotesi remota, attaccare le Repubbliche Baltiche, che sono Paesi Nato e allora la situazione diventerebbe irreversibile. Ma potrebbe allargarsi alla Moldavia, che Paese Nato non è“.

Il momento dell’aiuto

Putin è un pazzo. “Sì, ma nella sua logica, nella sua visione le sue azioni trovano delle motivazioni. L’Occidente non ha fatto nulla per fermarlo. Capiamoci: Putin è l’aggressore, Putin sta bombardando un Paese, Putin uccide i bambini, perché è così. Qualcuno l’ha sostenuto per interesse, si è rimasti a guardare, – spiega Di Gilio – Ma adesso è il momento di aiutare. Per le analisi e l’eventuale autocritica ci sarà tempo dopo. Dovrà essercene per non ripetere gli errori fatti. Ma adesso è il tempo dell’aiuto. Non conta altro“.

L’Ue al caldo con il gas russo

Ma sul tavolo ci sono altri tempi: l’indipendenza energetica. “L’Italia ha perso delle occasioni storiche ma ne possiamo riparlare in un’altra occasione”, e la posizione dell’Unione Europea. “Qui cito l’ex guru del Financial Times, Wolfgang Munchau, che ha detto: The EU is cheering on the Ukrainian side from a safe distance, watching from warm living rooms, heated by Russian gas”. In sintesi: “L’unione Europea tifa per gli ucraini a distanza di sicurezza dal suo soggiorno riscaldato dal gas russo“. E qui sta il punto. Ma adesso è il tempo dell’aiuto.

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