I perché del genocidio in Rwanda: uno studio all’Università dell’Insubria di Varese

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VARESE – Orrori della storia, con la s minuscola, interrogativi irrisolti sul perché avvengano stragi, massacri, omicidi di massa. Ci si chiede, talvolta e più che talvolta, il senso del dirsi uomini e donne. E’ il caso del Rwanda nel cuore dell’Africa dove, fra la primavera e l’estate del 1994, si consumò uno degli eventi più tragici dell’umanità: il genocidio dei tutsi, ad opera degli hutu, in Rwanda. Una pulizia etnica che in soli 100 giorni provocò fra 800 mila e un milione di vittime, fra cui donne e bambini, trucidati – fra i carnefici incredibilmente anche alcune suore poi processate – quasi sempre a colpi di machete.

Catastrofe umanitaria

Una catastrofe umanitaria a riflettori volutamente spenti, perché l’Europa e l’Occidente preferirono non guardare. Sullo sfondo, una situazione geopolitica che non è mai stata chiarita completamente, come non sono mai state chiarite le ragioni del genocidio. Solo odio tribale? O la contrapposizione di due potenze occidentali, Francia e Usa, per stabilire aree di influenza in una delle regioni strategiche del pianeta? Nella regione del Kiwu, infatti, al confine con il Congo, si estrae il 90% del cobalto e del coltan, indispensabili per la produzione delle batterie degli smartphone.

Il corso all’Insubria

L’università dell’Insubria di Varese e più specificamente l’insegnamento di Storia e istituzioni dell’Africa, tenuto dalla profesoressa Katia Visconti del corso di laurea in “Storia e storie del mondo contemporaneo”, sta cercando di far luce su questi eventi. Protagonisti di questa indagine storica sono gli studenti che hanno iniziato a investigare su quei 100 giorni di orrore e di crimini contro l’umanità. Nei giorni scorsi in aula (a distanza causa Covid) gli studenti Davide Agnesi, Carlo Pedroli e Selina Gay hanno presentato i risultati preliminari di una prima ricognizione sul genocidio, evidenziando – in base ai documenti reperiti – la presenza sul campo di consiglieri francesi (a sostegno degli hutu) e americani (a sostegno dei tutsi). Due potenze occidentali alleate nel quadro geopolitico internazionale, ma contrapposte in questo piccolo Paese nel cuore dell’Africa. Il controllo di un Paese “cuscinetto” come il Rwanda significava stabilire un ruolo strategico ed egemonico nella regione.

Il ruolo di Francia e Usa

E in attesa che il governo francese apra i suoi archivi, al momento secretati, sul ruolo della Francia (e degli Usa) in Rwanda – operazione prevista per il primo gennaio del prossimo anno – gli studenti di Storia hanno raccolto le testimonianze dei carnefici. I quali affermano che il genocidio era stato pianificato con largo anticipo rispetto al casus belli, cioè l’abbattimento dell’aereo del Presidente rwandese (di etnia hutu) Juvenal Habyarimana. Tasselli che lentamente vanno a comporre un puzzle intriso di sangue. Inoltre, sempre gli studenti hanno raccolto un dossier sul ruolo che ebbero le radio commerciali in quei 100 giorni di orrore: i dj informavano le bande hutu sulla dislocazione dei tutsi indicando loro dove si trovavano e incitandoli a compiere i massacri.

L’indagine storica

L’indagine storica continuerà per tutta la durata del primo semestre e i risultati finali verranno presentati anche all’ “Ubuntu, festival delle culture africane” in programma a Varese, da marzo a giugno 2021, Coronavirus permettendo. Un festival che si propone di animare l’immaginario dell’Africa attraverso i racconti di chi vive nelle sue culture. L’Università degli Studi dell’Insubria attraverso il corso di laurea in Storia e Storie del mondo Contemporaneo contribuisce attivamente all’organizzazione del Festival, coordinata da COOPUF iniziative culturali con la partecipazione di Africa e Sport, APA Amici per l’Africa, ASI Associazione servitori inutili, CUAMM Medici con l’Africa, Ballafon – Onlus, FilmStudio90, Gattabuia, Missionari Comboniani, Museo Castiglioni, Yacouba per l’Africa.

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Angela Bruno