Venegono Inferiore, gli alpini ricordano l’amato cappellano monsignor Pigionatti

VENEGONO INFERIORE – E’ passato un quarto di secolo dal giorno della scomparsa di monsignor Tarcisio Pigionatti, ma il suo ricordo è sempre vivo nel cuore degli alpini e dei vigili del fuoco della provincia.

Indimenticato cappellano degli alpini

Così, le Penne nere della sezione varesina dell’Associazione nazionale alpini hanno ricordato il loro cappellano con una cerimonia coordinata dai soci del locale Gruppo dell’Ana guidato dal capogruppo Alberto Furia. Accanto alle rappresentanze di numerosi Gruppi della sezione, hanno partecipato al momento celebrativo anche la delegazione del comando provinciale dei vigili del fuoco guidata dal capo reparto esperto e responsabile del distaccamento aeroportuale di Malpensa, Mauro Innocenti, e della sezione varesina dell’Associazione nazionale dei vigili del fuoco del Corpo nazionale.

Dopo aver reso omaggio ai monumenti ai Caduti e agli alpini, il corteo con il vessillo sezionale e i gagliardetti dei vari Gruppi ha raggiunto, all’interno del cimitero, la tomba dove riposa monsignor Pigionatti. Dopo la deposizione di due omaggi floreali e la benedizione impartita dal cappellano emerito della sezione Ana di Varese, don Franco Berlusconi, il sindaco, Mattia Premazzi, e il presidente della sezione, Franco Montalto, hanno ricordato la figura di don Tarcisio.

Il ricordo di don Tarcisio

Il primo cittadino del paese dove, nel dicembre del 1914, nacque il sacerdote, lo ha ricordato come «esempio che ha lasciato una traccia non solo nella storia del paese ma, dell’intera provincia». Premazzi ha inoltre evidenziato il prezioso ruolo di formatore di giovani di monsignor Pigionatti. «Un modello – ha precisato il sindaco – che andrebbe recuperato per aiutare la nostra società a ritrovare quello spirito di servizio a favore della comunità che ha sempre contraddistinto l’azione pastorale di don Tarcisio». Nella vicina chiesa di San Michele, successivamente, don Berlusconi ha quindi presieduto una celebrazione eucaristica a suffragio dei presidenti e dei cappellani della sezione del capoluogo “andati avanti”.

Al rito, accompagnato dai canti del coro sezionale diretto dal maestro Maurizio Biscotti, ha partecipato anche la sorella novantatreenne di don Tarcisio, Mariuccia. Era il pomeriggio di domenica 11 maggio 1997 quando, nella sua camera al collegio “De Filippi” e attorniato dal suo fedele collaboratore, monsignor Angelo Manzoni, e dai familiari monsignor Pigionatti concludeva, all’età di 82 anni, la sua esistenza terrena.

L’esperienza di cappellano militare sul fronte greco-albanese nel corso del secondo conflitto mondiale segnò profondamente lo stile del suo ministero sacerdotale. Dotato di una raffinata intelligenza, egli seppe formulare intuizioni che, per il suo tempo, costituivano certamente proposte d’avanguardia. Basti pensare che, sessant’anni fa, avviò un progetto che permetteva ad alcuni studenti africani di trasferirsi a Varese per perfezionare la loro formazione scolastica ad indirizzo tecnologico.

L’amore per il De Filippi

Inoltre, negli anni Settanta, il “suo” De Filippi divenne la casa di numerosi giovani dei vivai del Varese Calcio e della Pallacanestro Varese e delle promesse della ginnastica artistica maschile azzurra. Orgoglio e guida spirituale degli alpini delle sezioni di Varese e Luino e dei vigili del fuoco della provincia, don Tarcisio era comunque l’amico di tutte le associazioni d’Arma. Determinante fu il suo contributo per la realizzazione del monumento a Salvo D’Acquisto. Sempre pronto ad affrontare anche le sfide più proibitive, don Tarcisio, per le sue opere, è stato amato e stimato nella società civile e negli ambienti militari. Generoso e disponibile verso chiunque gli chiedeva aiuto, conforto o anche solo un consiglio, “monsignore” è stato comunque prima di tutto un prete che non ha mai anteposto gli impegni alla preghiera e al suo ministero. Una coerenza e un’onestà intellettuale che non sempre sono state riconosciute ma che oggi, dopo venticinque anni dalla sua morte, ripropongono la sua figura a modello di fede e di amore per la vita.