Droga a Vergiate: 8 mesi di carcere e ditta chiusa. Imprenditore assolto

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VERGIATE – Alla fine è stato assolto. Che il 57enne titolare di un capannone di Vergiate utilizzato quale deposito per la sua attività (l’azienda, chiusa in seguito all’arresto del titolare, si occupava di logistica nel settore aeroportuale e aeronautico) nulla avesse a che fare con il robusto traffico di cocaina individuato dagli inquirenti il 24 luglio 2020 lo ha stabilito oggi il Gup di Busto Arsizio Stefano Colombo con una sentenza che, oggi venerdì 25 giugno, in primo grado assolve l’imprenditore a fronte di una richiesta di condanna da parte dell’accusa di oltre sei anni.

La testimonianza che lo scagiona

Il 57enne era stato arrestato insieme ad un albanese di 43 anni al quale il titolare della ditta aveva dato le chiavi del capannone in modo che potesse lasciarvi in alcune occasioni le attrezzature che utilizzava per eseguire alcuni piccoli lavori come idraulico. La linea difensiva dell’avvocato Daniele Galati, che assiste il 57enne e che è stata accolta in toto dal giudice per l’udienza preliminare, poggia su diversi capisaldi. Uno dei quali, tra i più rilevanti, sono le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da parte del 43enne che ha scagionato l’imprenditore rivelando che la cocaina trovata dai cani antidroga nascosta in un vano di un frigorifero per aerei apparteneva a lui e a lui soltanto e che il titolare del capannone non era al corrente che lo stupefacente fosse lì nascosto.

La telefonata anonima

Anche la telefonata anonima fatta agli inquirenti (e rimasta tale) con la quale si informava della presenza di cocaina indicava nell’albanese il proprietario della droga. Galati, nelle note d’udienza, ha rilevato del resto che se davvero il 57enne fosse stato correo dell’albanese non vi sarebbe stata necessità alcuna di nascondere la cocaina (trovata solo grazie al fiuto delle unità cinofile) in modo così accurato. Perché far sparire qualcosa di cui tutti conoscono la presenza?

Le indagini difensive

E ancora il difensore ha riportato altre testimonianze, tra cui quelle della moglie del 57enne e di una sua dipendente, nelle quali si confermava che l’imprenditore in quel capannone ci passava sporadicamente utilizzandolo come mero magazzino rendendo così credibile l’affermazione secondo la quale l’albanese avrebbe potuto agire senza essere visto o controllato dal 57enne. C’è anche un’evidenza scientifica a supporto della tesi difensiva: nessuna impronta appartenente al 57enne è stata trovata sugli involucri che proteggevano la cocaina. Il Gup ha assolto l’imprenditore che nel frattempo è rimasto in carcere da luglio 2020, momento dell’arresto, sino al febbraio 2021 contraendo anche il Covid durante la detenzione. La ditta, che aveva un eccellente fatturato, a causa della cattiva pubblicità dovuta all’arresto e all’assenza del titolare che ne curava gli affari dopo l’arresto ha perso tutte le commesse più importanti finendo per chiudere i battenti. Con sei persone rimaste senza lavoro. La procura quasi certamente appellerà la sentenza in Appello vista la richiesta di condanna.

Vergiate, imprenditore a giudizio: ditta chiusa e 8 mesi in carcere. Ma c’è chi lo scagiona

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