Vergiate, imprenditore a giudizio: ditta chiusa e 8 mesi in carcere. Ma c’è chi lo scagiona

VERGIATE – Tutto ha inizio il 24 luglio dell’anno scorso. Gli uomini della polizia di Stato irrompono in un capannone di Vergiate dopo aver ricevuto una segnalazione anonima che indicava l’attività come un laboratorio dove si raffinava cocaina.

Lui non c’entra. Il trafficante sono io

I poliziotti trovano oltre due chili di cocaina e una pressa che, secondo gli inquirenti, sarebbe servita per confezionare i panetti di stupefacente. Scattano le manette per il titolare dell’attività, un italiano di 57 anni, e un albanese di 43 anni. Oggi si sarebbe dovuta celebrare l’udienza preliminare davanti al gup di Busto Arsizio Stefano Colombo. Udienza però rinviata al 25 giugno: il 43enne ha infatti chiesto di patteggiare, ma l’accordo non è ancora stato definito.

Nessuna impronta digitale

Una doccia fredda per l’imprenditore che assistito dall’avvocato Daniele Galati sperava di poter chiudere la partita. Da innocente, così come il 57enne si professa dal momento dell’arresto. In suo favore c’è l’interrogatorio reso dall’albanese alla presenza del pubblico ministero. Interrogatorio durante il quale il 43enne scagiona in modo netto il titolare dell’attività spiegando di essere al solo coinvolto nel traffico di droga e aggiungendo che l’imprenditore vergiatese nulla sapeva dell’attività di “deposito” svolta nel capannone. I due a quanto pare si conosco e il 43enne avrebbe chiesto al 57enne di poter lasciare in magazzino parte dell’attrezzatura utilizzata durante dei lavoretti di idraulica. Galati riferisce inoltre che altri testimoni hanno corroborato la tesi spiegando che l’albanese del capannone aveva le chiavi: entrava e usciva senza che nessuno controllasse la sua attività.

Otto mesi in carcere

Altro punto: i rilievi dattiloscopici effettuati avrebbero rilevato sui contenitori utilizzati per la droga le sole impronte dell’albanese. Il 57enne non compare mai. «Nonostante questo – spiega il legale – Il mio assistito è rimasto in carcere otto mesi e le contestazioni a suo carico non sono mai state modificate». L’imprenditore ha chiuso l’azienda che si occupava di logistica nel settore aeroportuale e aeronautico – la pessima pubblicità derivante dall’accaduto ha fatto sì che perdesse tutte le commesse – dove lavoravano in tutto sei persone. «Siamo passati da uno scenario di incremento lavorativo e occupazione – spiega Galati – Alla perdita di un’attività sana. Il 25 giugno chiederò ‘assoluzione: davvero il mio assistito non ha nulla a che fare con il traffico di droga. Ci auguriamo di poterci buttare questa vicenda al più presto alle spalle e di poter ricominciare».

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