Varese, candidato sindaco: Lega in pressing su Bianchi. Lui: “Sto riflettendo”

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Matteo Bianchi

VARESE – “Sto riflettendo”. Una sola frase pronunciata al telefono, ma molto più di una conferma: nel tentativo di chiudere con la vaudeville per la scelta del candidato sindaco del centrodestra varesino, dopo aver passato nel tritacarne politico e mediatico un nutrito gruppo di possibili o annunciati pretendenti a Palazzo Estense, la Lega è in pressing su Matteo Bianchi. Lui, il parlamentare di Morazzone, segretario provinciale del Carroccio per lunghi e intensi anni, appunto riflette. Per dirla in un altro modo, prende tempo. E con mille ragioni, dopo che il suo partito non è nelle condizioni di cavar fuori un nome spendibile e condiviso da contrapporre a Davide Galimberti e al centrosinistra, in sostituzione di Bobo Maroni, supercandidato purtroppo costretto al ritiro per un maledetto problema di salute.

Bianchi sarebbe, anzi, è l’uomo giusto al posto giusto. In verità lo era fin dal momento in cui l’ex presidente della Lombardia ha annunciato la propria indisponibilità. Nessuno però gli ha fornito le necessarie garanzie affinché non dovesse immolarsi a fondo perduto per la Lega. Tutti hanno lasciato correre, convinti che il convento passasse altro. Ma il convento è in disarmo, quanto meno rispetto alle necessità di rappresentanza nelle istituzioni e alle pretese di qualità degli alleati forzisti e meloniani. Fino alla scorsa notte, quando Giorgio Merletti, ultima possibilità per trovare una soluzione definitiva, ha dato forfait: “Non se ne fa nulla, il candidato non sarò io”.

Così, dopo aver contatto, in alcuni casi, solleticato e sollecitato, militanti storici, simpatizzanti dell’ultima ora, autocandidati in cerca di un posto al sole, personaggi probabili e improbabili, la Lega è tornata da Bianchi. Col cappello in mano, a quanto si dice. Del resto, la sua storia parla da sola. Bianchi, soprattutto, non fa storcere il naso a Fratelli d’Italia, a Forza Italia e ai cespugli e cespuglietti della coalizione: apre da sempre al dialogo. La sua serietà è riconosciuta. Come le competenze amministrative maturate in due mandati da sindaco di Morazzone e nell’attività politica di segretario provinciale del Carroccio. A lui (fermo restando che sul tavolo rimane ancora il nome di Marco Pinti)  pare si siano appellati nell’ordine Giancarlo Giorgetti, Fabrizio Cecchetti, Stefano Gualandris, Cristiano Angioy Viglio, insomma, il gotha del partito a livello nazionale, lombardo e locale.

Manca, è vero, Matteo Salvini. Col segretario federale, Bianchi avrebbe intenzione di confrontarsi faccia a faccia. Per capire. E per non passare per quello che poi, a lungo andare, pagherà pegno nonostante la sua disponibilità. Una risposta definitiva arriverà tra qualche giorno, se non addirittura tra qualche ora. C’è da dire che Bianchi non sarà costretto a dimettersi dal parlamento, salvo vinca le elezioni da sindaco. Dovrà però lasciare subito, prima di candidarsi ufficialmente, il consiglio comunale di Morazzone, dove è consigliere. Una rinuncia che gli peserebbe più delle dimissioni da Montecitorio. Nel conto vanno posti anche gli aspetti personali, la sua attività professionale e tutto quel che consegue con una candidatura a primo cittadino nella città che fu la culla della Lega e che, come per il soldato Ryan, Matteo Bianchi è ora chiamato a salvare. Affinché la stessa Lega non soccomba sotto il peso di una situazione che non depone di sicuro a suo favore, Ma questo potremmo anche non scriverlo: è palese.

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