Varese, nel poker di candidati della Lega l’asso nella manica di Gualandris è Bianchi

VARESE – Slitta di una settimana il summit del centrodestra. La coalizione si aggiornerà martedì 22 giugno. Ma c’è chi dice il nome del candidato potrebbe arrivare già lunedì, primo giorno d’estate. Sette giorni di intenso lavoro diplomatico, di speranze che corrono nell’etere e lungo le linee telefoniche. I ben informati confermano che in questo momento il commissario Stefano Gualandris ha nel taschino un poker. Ma non sono certo finite le ricerche. La Lega, perché è la Lega che deve esprimere il nome, sta scandagliando la società civile varesina, in cerca di sensazioni, suggestioni, suggerimenti. Perché sul nome di bandiera (numericamente parlando) non ci sono problemi. Ma il Carroccio vorrebbe arrivare al tavolo decisivo con qualche nome civico, di alto livello, nella manica.

Un uomo (quasi) solo al comando

Ruvido, poco diplomatico e, se necessario, pronto a mettere sul tavolo i galloni da commissario plenipotenziario per sedare dissidi e discussioni, che si sanno quando partono, ma non dove vanno a finire. Stefano Gualandris è sceso in trincea senza tradire il suo carattere. Nonostante qualche mal di pancia, soprattutto interno. Il suo arrivo, sarà un caso, è coinciso con l’eclissamento di chi, sotto l’egida Bianchi, aveva in mano le campagna elettorale sul territorio. Mirko Reto, ad esempio, che ha lavorato e protetto la candidatura Maroni anche oltre ogni evidenza o la stessa sezione cittadina. In Lega non si muove più foglia che Gualandris non voglia.

E la partita decisiva è ormai è nelle sue mani. Dove il commissario tiene, oltre alla rosa dei nomi dei papabili, anche il cerino in mano. Trovare il nome giusto, che non rompa gli equilibri della coalizione a Varese e non scateni un effetto domino pericoloso anche sui lidi gallaratesi e bustocchi, non sarà certo semplice. Diciamo che in questo momento, in Lega (ma anche in Forza Italia e Fratelli d’Italia) si sta a guardare le mosse del commissario.

Le cravatte del Pinti

A oggi, quella di Marco Pinti, tra le ipotesi resta quella più accreditata. Per lo meno in casa Lega. O meglio, in alcuni ambienti del Carroccio. Per diversi motivi. Primo tra tutti: il consigliere leghista, che da qualche mese è entrato nello staff di Matteo Salvini a Roma, in caso di chiamata alle armi, risponderebbe “sì”. E sarebbe pronto a mettere in campo una campagna elettorale “pancia a terra”, senza aver il timore di trovarsi (almeno all’inizio) a scalare un Mortirolo in solitaria. Anche perché, in altre occasioni, quando il suo ruolo è stato quello di affiancare e sostenere un candidato leghista in partita elettorale, Pinti ha dato saggio di sapersi calare anche in una campagna porta a porta, campanello per campanello.

Eppure, davanti al nome del giovane padano, c’è chi storce la bocca. Troppo “Gianburrasca”, “un po’ troppo scapigliato” per arrivare a toccare il cuore della Varese in giacca e cravatta. E, appunto, “Pinti non mette la cravatta, che in certe occasioni è quasi d’obbligo”. Accessorio, a dir la verità (ma Roma è lontana da Varese) con il quale Marco Pinti dovrebbe aver preso confidenza da quando è entrato nello staff del leader leghista.

Il fascino della candidatura in rosa

In comune hanno la professione: sono entrambe avvocato e sono state sindaco. Francesca Brianza a Venegono Superiore, Barbara Bison a Gornate Olona. In più potrebbero rappresentare, nel panorama del centrodestra varesino, la novità della candidatura in rosa. Entrambe papabili di bandiera, ma che potrebbero far breccia anche nell’indice di gradimento degli alleati di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia. Donne insubri, poiché entrambe possono contare o potevano contare (Brianza un tempo, Bison tutt’ora) sull’appoggio dell’associazione culturale Terra Insubre.

Ma anche qui c’è un però. Differente. Che per Francesca Brianza significherebbe dover lasciare il lavoro che il vicepresidente del consiglio regionale sta portando in Regione sul tema dei rapporti con la Svizzera (è stata anche presidente della Regio Insubrica), delle politiche di frontiera e dei frontalieri. Mentre per Barbara Bison, nome sul quale tutta la sezione varesina si era espressa in maniera compatta prima della discesa in campo di Maroni, significherebbe dover recuperare un lungo pezzo di strada.

L’uomo giusto al posto giusto

Quello del deputato leghista ed ex segretario provinciale della Lega per quasi un decennio, è un nome che è sempre circolato ma nelle retrovie. Stando alle indiscrezioni, Matteo Bianchi avrebbe già fatto sapere i suoi desiderata: “Io candidato sindaco a Varese? No grazie”. Eppure l’ipotesi di una sua candidatura non è mai stata così forte come in questi giorni di frenetica ricerca dell’uomo giusto al posto giusto.

Che potrebbe rispondere proprio al suo nome. Già sindaco di Morazzone, Bianchi conosce bene la città e la società varesina per aver guidato il Carroccio provinciale per quasi dieci anni. Insomma, seppur da un punto di osservazione non strettamente cittadino, qualche campagna elettorale l’ha già affrontata. In più conosce tutte le liturgie, le tempistiche e le sfumature della politica. Anche di questa politica burrascosa. Dalla sua (e gli stessi alleati davanti al suo nome non avrebbero grossi problemi a trovare la quadra) ci sono i buoni rapporti, anche in campo extra Lega, che Bianchi ha coltivato durante il suo mandato da segretario.