Forza Italia New: la sorpresa

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Antonio Tajani ha raccolto l'eredità politica di Silvio Berlusconi in Forza Italia

di Massimo Lodi

C’è una piccola liberazione in questa primavera. Nulla c’entra con quella dall’iniziale maiuscola. Però ha una sua importanza. È la liberazione di Forza Italia dall’incubo di ridursi a partito minimale dopo la scomparsa di Berlusconi. Tutti ne davano per certo il processo involutivo. Addio al leader, addio al mondo da lui costruito, addio al consenso di massa. Va altrimenti: lo testimoniano le regionali in Basilicata, dove vince un candidato degli Azzurri che doppiano la Lega. E dunque il messaggio tranquillo, di riformismo moderato/pragmatico, trasmesso da Tajani mira con legittimità a un idem-risultato alle europee.

È merito del neo-presidente aver raccolto, umile, l’eredità greve del Cavaliere: “Nessuno mai come lui, io farò solo il possibile”. Gli è toccato in benigna sorte d’incrociare la lotta tra populismi nel centrodestra: la graffiante competizione fra Meloni e Salvini lo avvantaggia. Sono sempre di più gli elettori stufi d’acrobazie demagogiche e gomitate radicali, a fatica ricomposte sui palchi degli appelli finali pro voto.

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Massimo Lodi

C’è un’Italia non di sinistra e non di destra. C’è un’Italia di centro: rappresenta la maggioranza del Paese, e soltanto per assenza d’un riferimento politico affidabile ha disperso altrove le sue preferenze. Finché Berlusconi è stato l’ancoraggio sicuro, sono finite a lui. Quando Berlusconi ha iniziato a perdere di smalto, si sono distribuite prima verso Salvini e poi verso Meloni nell’augurio che l’uno e/o l’altra cambiassero in corsa il loro standing, profilandolo sulla conservazione illuminata. Di fronte a scelte diverse, ecco il parziale rientro alla casa post-berlusconiana, rimasta salda nelle fondamenta, ristrutturata nell’affaccio: non quello d’un leader-sovrano, ma quello d’un sovrano equilibrio politico. Alla maniera dei Dc d’antan.

Meloni fa corsa a sé, difficile pensare d’eroderne adesso il placet di cui gode, pur se deve contorcersi tra i tambureggiamenti della propaganda e le necessità governative; Salvini è invece un alleato superabilissimo, e già superato per esempio nelle urne lucane, avendo fatto a Tajani il dono di competere con la premier anziché cercare d’appropriarsi d’una parte del lascito berlusconiano. In tale situazione, Calenda e Renzi colgono il segnale di spazi aperti a destra anziché a sinistra. Trascurando la rissosità fra i due, se gl’italiani di riferimento della loro area ne apprezzeranno la svolta, ha buone chances di costituirsi una Forza Italia New: inclusiva, allargata, liberale, transeuropea, atlantica eccetera. Ricalamitando centristi perduti da tempo; centristi approdati in Azione e Italia Viva; centristi ora nel Pd, e tuttavia pronti a uscirne se il Pd continuerà a essere quello di Schlein e non di Bonaccini. Ecco perché Tajani, fra l’altro di giovanili simpatie monarchiche, potrebbe ricevere un’investitura in cui non fidava neppure lui. Il regalo regale.

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