Vergiate, caso Cantisani: «Non archiviate l’inchiesta sulla morte di nostro figlio»

vergiate picasso manuel cantisani

VERGIATE –  «Chiediamo che sia fatta giustizia, l’inchiesta non può chiudersi così, ci sono ancora troppi punti da chiarire». I familiari di Manuel Cantisani non si rassegnano e lanciano un appello alla Procura di Busto Arsizio, dopo la richiesta di archiviazione per la morte del figlio, avvenuta la notte del 20 maggio 2018 fuori dalla discoteca Picasso di Vergiate. «Quella sera Manuel – racconta Andrea Rubini di Giesse Risarcimento Danni, il gruppo specializzato nel risarcimento di incidenti mortali che sta assistendo i familiari – era uscito con due amici per festeggiare il suo 28esimo compleanno. Doveva essere una serata in allegria, passata in totale spensieratezza, invece per colpa di un banale litigio si è arrivati alla tragedia».

«Non ci fu nessuna rissa»

«Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Manuel e i due amici avevano passato la prima parte della serata alla discoteca Gilda di Castelletto – prosegue Rubini di Giesse – dove purtroppo, a un certo punto, uno dei due amici ha avuto un litigio con la propria ragazza, perché sorpreso a ballare con un’altra. I due fidanzati sarebbero quasi venuti alle mani, tanto che l’amico è stato cacciato fuori dal locale dai buttafuori. Manuel a quel punto lo ha raggiunto fuori e purtroppo si è lasciato convincere ad accompagnarlo all’altra discoteca, Picasso, dove l’amico voleva ritrovarsi con la propria ragazza per chiarire quanto accaduto». Fin qui la ricostruzione torna, senza nessuna contestazione, dato che tutte le testimonianze raccolte combaciano. All’arrivo alla discoteca Picasso, però, l’amico di Manuel trova la fidanzata accompagnata da un parente, e in breve la situazione tra i due degenera. «Non si è trattato di una rissa, come detto più volte in questi anni, ma di un vero e proprio scontro avvenuto soltanto tra questi due ragazzi, una specie di regolamento di conti. Manuel e gli altri, come dimostrano i filmati e tutte le testimonianze, hanno solamente assistito e tentato di dividerli, senza mai prenderne parte». Dopo alcuni minuti nello scontro ha avuto la meglio l’amico di Manuel e a quel punto l’altro ragazzo, impaurito, è risalito in tutta fretta a bordo della propria auto, ha messo in moto ed è scappato. Questo secondo la ricostruzione fatta da chi assiste i famigliari della vittima. «Secondo tutte le testimonianze Manuel stava in quel momento tentando di fermare il proprio amico dalla furia verso l’altro ragazzo e nel farlo è caduto a terra, finendo purtroppo proprio davanti all’auto del ragazzo in fuga, che partendo in tutta fretta, è nostra ferma convinzione, lo avrebbe schiacciato contro il paraurti dell’altra auto parcheggiata davanti. Per una sfortunata fatalità Manuel si è ritrovato sbalzato proprio tra le due auto e crediamo che la sua testa vi sia rimasta schiacciata, come dimostra anche la testimonianza dell’altro amico che stava con Manuel, che in quel momento gli era proprio davanti e ha quindi potuto vedere chiaramente quanto accaduto, riferendo poi agli inquirenti di aver visto la testa di Manuel finire schiacciata tra le due auto».

«Speriamo in un supplemento di indagine»

Nonostante la testimonianza la Procura ha invece chiesto l’archiviazione, basandosi sulla ricostruzione affidata a un perito che determina come causa della morte di Manuel la sua caduta a terra, dove avrebbe sbattuto la testa contro i resti di un palo divelto della segnaletica stradale. L’ipotesi fa sempre parte della ricostruzione di parte dell’accaduto. «Ad avvalorare la nostra convinzione che sia rimasto schiacciato tra le due auto ci sono però le conclusioni della consulenza medico-legale e dell’esame autoptico svolto sul corpo di Manuel – prosegue Rubini di Giesse – Da questi esami, infatti, altri periti nominati dalla Procura hanno rilevato “correlazione causale con la dinamica del sinistro” ed esiti compatibili con “pedone riverso al suolo, schiacciato e compresso nella sua porzione cranica tra le due autovetture”, si legge nelle perizie. Non capiamo pertanto perché la Procura, che ha disposto tutte queste perizie, abbia poi avvalorato con tanta certezza, al punto da chiedere l’archiviazione, soltanto quella del consulente tecnico, del tutto teorica, contro invece gli elementi oggettivi ravvisati dagli altri periti medici». Ci sono poi forti dubbi da parte dei familiari anche su alcuni elementi che hanno, di fatto, determinato gli esiti dell’indagine. «Per rilevare eventuali tracce ematiche sui paraurti delle auto sono stati fatti dei tamponi soltanto il 6 luglio del 2018, quindi quasi due mesi dopo l’incidente, e i campioni non sono stati neppure analizzati in modo approfondito e scientifico, mediante opportune analisi di laboratorio, attraverso la nomina di un biologo forense, così come da prassi investigativa – denuncia l’avvocato fiduciario di Giesse, Lorenzo Sozio di Gallarate – Inoltre, fatto altrettanto grave, l’intera scena che ha portato alla morte di Manuel era stata ripresa dalle telecamere della discoteca ma i filmati, inspiegabilmente, non sono mai stati acquisiti in originale, bensì registrati tramite cellulare dal monitor di un computer, in maniera altrettanto “artigianale” e priva di prassi, dato che il filmato ha in questo modo perso moltissima qualità e, pur riprendendo esattamente gli attimi fatali a Manuel, non ha dunque potuto chiarirne le cause».  Per questo è stata presentata una formale opposizione alla richiesta di archiviazione: i familiari sperano in un possibile supplemento di indagine, in attesa degli esiti della camera di Consiglio disposta dal Gip Piera Rossi per il prossimo ottobre. «Chiediamo solo che nessun elemento venga tralasciato e che sia fatto tutto quanto possibile per chiarire l’accaduto. Niente più di questo, perché una morte tanto assurda trovi quanto meno giustizia» concludono nel proprio appello i familiari.

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