
di Andrea Minchella
VISTO
THE EQUALIZER 3- SENZA TREGUA, di Antoine Fuqua (The Equalizer 3, Stati Uniti 2023, 109 min.).
L’amore incondizionato nei confronti di Denzel Washington e di Antoine Fuqua non mi fa essere oggettivo, credo. Meglio mettere in chiaro le cose. Detto questo, il terzo ed ultimo capitolo di “The Equalizer”, che Fuqua realizza interamente in Italia, è interessante perché mostra poco, molto meno dei due capitoli precedenti, a favore di una narrazione più cupa e più introspettiva.
La scena iniziale ambientata in una cantina vinicola della Sicilia settentrionale ci catapulta subito nelle faccende violente ma giuste del ex agente della CIA Robert McCall. La sequenza, che dura circa 7 minuti, è una perfetta costruzione di ciò che ognuno di noi vorrebbe poter fare ai tanti prepotenti che girano indisturbati per le nostre città. Subito capiamo, se ci soffermiamo un attimo a pensare, il motivo principale per cui film del genere, anche se al terzo, quarto o quinto capitolo, piacciono tanto al pubblico. La serenità e la lucidità di Denzel Washington che uccide, uno dopo l’altro, gli scagnozzi (ma la sequenza ci mostra solo i corpi brutalmente uccisi) del mafioso proprietario dell’azienda agricola ci fa sentire come dei figli impauriti che si sentono al sicuro solo quando papà è a casa. Denzel Washington si ritaglia il ruolo del padre che è disposto a tutto pur di proteggere la sua famiglia. E se il personaggio di Robert McCall non ha famiglia, l’immedesimazione del pubblico con la sua famiglia è quasi un passaggio obbligato. Ed è questo che rende “The Equalizer”, a differenza di “John Wick” con Keanu Reeves o “Taken” con Liam Neeson, qualcosa di più di un semplice film d’azione e di vendetta.
La narrazione si sposta, poi, sulla costiera amalfitana, ad Altomonte, un paese di fantasia che in realtà è Atrani. La volontà di ambientare tutto il film in Italia è una scommessa sempre difficile da vincere da parte di registi americani che spesso confondono Roma con Firenze, Napoli con Venezia. Antoine Fuqua, invece, questa scommessa la vince quasi completamente. Perché decide di filmare in un piccolo paese della costiera cercando il più possibile di sganciarsi degli stereotipi che distruggono ripetutamente il nostro paese agli occhi del mondo. Fuqua, che commette alcuni errori abbastanza evidenti (il Kebab come cibo tradizionale del luogo, una canzone francese che accompagna gli scorci mozzafiato di Atrani e i dialetti siciliano e napoletano dei due fratelli criminali antagonisti di McCall), riesce comunque quasi sempre a regalarci una visione abbastanza originale del paese agli occhi di uno straniero. La storia è incentrata sul “buen retiro” di McCall rovinato dalla prepotenza mafiosa di una famiglia del luogo che vuole avere il controllo sul paese e sui suoi abitanti. McCall, dunque, si ritrova a combattere la mafia, intesa come un agglomerato di individui, napoletani e calabresi, che devastano il sud Italia. L’idea, forse può fare sorridere, ma siccome la mafia esiste da prima che McCall nascesse e continuerà ad esistere per molti anni, è concesso, credo, giocare con la fantasia e pensare che un uomo buono può, se sollecitato direttamente, impartire una bella lezione a chi si sente in diritto di sottomettere con la violenza altre persone. È, dopotutto, un film di fantascienza, questo “The Equalizer 3”, che non mostra alieni o combattimenti inter galattici, ma la criminalità italiana più famosa nel mondo messa in difficoltà dal pacifico e malinconico Denzel Washington.
Diverse sbavature grammaticali e stilistiche possono essere pulite da un impianto che convince per la sceneggiatura scarna e per la presenza scenica di Denzel Washington che non è mai sovrabbondante. Fuqua, che sa fare il regista, alleggerisce tutto il racconto con una linearità drammatica che riempie ogni spazio lasciato vuoto, a volte, da una retorica intrinseca in certi tipi di racconti. Il piccolo paese è filmato quasi sempre con un cielo cupo e minaccioso che rispecchia l’anima tormentata dello stanco McCall. L’ironia e l’autoironia, mai eccessive, del protagonista si plasmano perfettamente con gli attori italiani, in testa Remo Girone, che fanno da cornice al settantenne Denzel Washington. Ci può ricordare James Bond o Jason Bourne, ma l’ex agente Robert McCallen è un’altra cosa. È un eroe cittadino, è il nostro vicino di casa, è l’amico che vorremmo, capace di difenderci dalla sempre più dilagante arroganza che rischia di far estinguere l’umanità.
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RIVISTO
JOHN WICK, di Chad Stahelski (Stati Uniti 2014, 101 min.).
Un “action-movie” che vede protagonista l’immortale Keanu Reeves uccidere tutti i cattivi che hanno fatto del male a lui, alla sua famiglia ma, soprattutto, al suo cane.
Raccontato bene e ben scritto, si perde nei capitoli successivi realizzati più per fare cassetto che per altri scopi nobili. Rimane comunque un “cult”.