VISTO&RIVISTO Una storia leggera che racconta un disagio profondo

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di Andrea Minchella

VISTO

DOLCISSIME, di Francesco Ghiaccio (Italia 2019, 85 min.).

Raccontare l’adolescenza è un difficilissimo compito. Cadere nella banalità di un racconto piatto, utilizzare un registro troppo artificioso o descrivere una vicenda surreale, ed eccessivamente distante dal mondo dei ragazzi, sono i rischi maggiori che si possono incontrare quando si decide di avvicinarsi alla delicata fascia di età che va dai quattordici anni in su, età complessa ma ricca di interessanti spunti di riflessione.

Questo film, prodotto e scritto dal regista Francesco Ghiaccio, al suo secondo lungometraggio, e da Marco D’Amore, prova a descriverci la storia di tre ragazze, di una sfuggente Torino, un po’ sovrappeso, che, per sfidare i pregiudizi e le cattiverie che li circondano, si lanciano in una difficilissima scommessa sportiva; dovranno raccogliere una sfida che sulla carta sembra essere impossibile ed insuperabile. In realtà, come ci si potrebbe aspettare da un film di questo genere, la preparazione alla gara diventerà, per le tre ragazze, un motivo per conoscersi meglio e per potersi apprezzare di più, nonostante il loro aspetto fisico non proprio olimpionico. Sarà anche l’occasione per instaurare una nuova amicizia con Alice, la bella della scuola, che, prima della nuova fase di amicizia e di allenamento, non si era risparmiata nel “bullizzare” le tre amiche con ogni mezzo. Chiara, Letizia e Mariagrazia, così, incominciano un percorso in cui si accorgono di quanto le persone possano in realtà valere, al di là del loro aspetto fisico: le fragilità più profonde, spesso, appartengono a chi davanti agli altri si mostra vincente e risoluto.

Anche se il film tecnicamente è ben costruito, con un ritmo fluido e mai sbavato, l’intero progetto risente di una retorica troppo accentuata, a discapito di una più nobile funzione esplicativa e riflessiva che avrebbe potuto svolgere. Una fase così delicata e complessa è più interessante ma anche più pericolosa di come, spesso, viene descritta da film che osano in misura ridotta, e si limitano ad alleggerire temi che invece spesso, nella vita reale, nascondono drammi e disagi che poco hanno a che fare con l’ironia spicciola e la leggerezza” a tutti costi”.

Seppur brave, le tre protagoniste “rotondette” cedono il passo ad una sceneggiatura troppo edulcorata, che non riesce sempre ed in maniera originale a regalarci i “veri” dialoghi che gli adolescenti, oggi, si scambiano per comunicare.

Un dato rilevante ed inquietante che emerge dalla pellicola è lo sfondo a cui è rilegata la scuola: quando si parla di “bullismo”, sembra che la struttura scolastica non riesca più ad avere una funzione di rilievo nelle vicende in cui, spesso, giovani ragazzi diventano prede, o predatori, in giornate che si susseguono uguali, troppo vuote e prive di veri stimoli che possano tenere al riparo vite fragili da pericolosi e subdoli atti di prepotenza.

RIVISTO

MALEDIMIELE, di Marco Pozzi (Italia 2010, 106 min.).

Un piccolo diamante. Irregolare, forse, ma assolutamente necessario e prezioso. Marco Pozzi, un giovane regista della provincia di Varese, nel 2010 diede alla vita questo intenso e sussurrato film che si diffuse velocemente, grazie ad un progetto scolastico importante e capillare, tra i giovani e giovanissimi di tutta Italia. Fu un interessante esperimento di cinematografia di qualità” al servizio” di un progetto formativo ed educativo all’avanguardia.

Il film, ben scritto e ottimamente realizzato, ci parla, senza retoriche gratuite, di anoressia e di adolescenza, senza criminalizzare nessuna figura specifica o istituzione, e lontano dal tentare di dare ricette per salvarsi. “Maledimiele” mette al centro della storia Sara, con la sua bulimica voglia di dimagrire e di alleggerirsi da tutti i pesi che la sua giovane vita già le ha assegnato. Attorno alla quasi invisibile Sara, c’è una famiglia distratta e rumorosamente sorda alle vere esigenze della loro piccola ed indifesa creatura. Un film, questo, che si cala perfettamente nelle dinamiche e nel ritmo di una travagliata ed apparentemente indecifrabile vita di una giovane ragazza italiana. Un film che non vuole dare consigli, ma che ci catapulta dolcemente in una normale tragedia famigliare. Saper di non essere soli può essere il primo mattone per una lunga e difficile ricostruzione di una nuova e serena esistenza.

Da cercare e da rivedere con rinnovata attenzione.

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