La salvezza di Accam è nelle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte

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BUSTO ARSIZIO – Non disperata, ma delicata. Molto delicata. Appare così la situazione di Accam. Soprattutto ora che salvezza e futuro di società e inceneritore sono in un’istanza che nei prossimi giorni il consiglio di amministrazione, su mandato dei Comuni soci, invierà alla presidenza del Primo ministro Giuseppe Conte.

A complicare la situazione e rimettere tutto in discussione è stato il parere della Corte dei conti sul rispetto della legge Madia e delle gestione in house. Se quella legge, infatti, dovesse essere rispettata in maniera restrittiva si potrebbero aprire scenari fino a poche settimane fa non calcolati. Ma prima di arrivare a questo punto il presidente della società che gestisce l’impianto di Borsano, Laura Bordonaro, dopo una serie di incontri avvenuti a Roma nei giorni scorsi con tecnici di differenti ministeri, ha individuato una strada che potrebbe, se non risolvere nell’immediata, almeno allontanare molti dei dubbi che negli ultimi giorni hanno reso ancor più nebulosa la situazione.

Il problema ora sulla scrivania è quello di chiedere e ottenere una deroga per continuare a gestire Accam in house, come del resto si sta facendo da tempo e si è scelto di fare,. Pur non potendo al momento garantire la soglia dell’80 per cento di fatturato prodotto dai soci. Insomma l’obiettivo è mantenere l’in house. E nell’assemblea dei soci riunitasi ieri, mercoledì 10 aprile, a Palazzo Gilardoni, oltre al presidente Bordonaro, l’hanno ribadito anche molti sindaci: da Emanuele Antonelli: «Dobbiamo fare tutto quanto possibile se vogliamo salvare la società»; al vicesindaco di Gallarate Moreno Carù: «Le decisioni che si prendono in assemblea poi occorre portarle avanti anche quando torniamo nei nostri Comuni»; al sindaco di Magnano Carla Picco: «Mantenere l’in house significa conservare la gestione pubblica di questo impianto»; al sindaco di Cardano al Campo Angelo Bellora, il quale ha suggerito di rafforzare la richiesta di deroga introducendo nell’istanza una serie di azioni che nelle prossime settimane si dovranno attuare per stabilizzare la situazione.

Insomma i soci, quasi tutti quelli presenti ieri in un’assemblea che Laura Bordonaro avrebbe voluto fare a porte aperte, ma che gli amministratori, a stragrande maggioranza, hanno deciso di chiudere a pubblico e stampa, hanno pattuito di lavorare a testa bassa per portare a casa la deroga. Consapevoli che qualora arrivasse, il cammino da compiere non sarà semplice, ma per lo meno ci sarà ossigeno per percorrerlo.

Intanto si ragiona su un doppio livello. Da un lato per risolvere la questione del conferimento dei rifiuti in queste settimane in cui non si sa ancora se la gestione della società può essere considerata in house oppure no. E dall’altro per stilare un piano alternativo nel caso in cui l’istanza non dovesse andare a buon fine. Ovvero quali “cure” adottare per garantire un in house a piombo con la legge Madia e quel fatidico 80 per cento. E qui si torna a parlare di soci che non conferiscono, di altri che vorrebbero uscire e dovrebbero essere sostituiti e di altri ancora che invece in società vorrebbero entrare e che darebbero un buon apporto in termini di fatturato, ma non sufficiente a salvare la baracca. Certo forse sarebbe tutto meno complicato se i 27 soci portassero tutti i rifiuti in Accam. Ma così non è. Altra ipotesi sul tavolo è l’aumento delle tariffe del servizio. Già lunedì prossimo è in programma una riunione informale per cercare di venire a capo alla questione conferimenti. Al momento la priorità dopo la spedizione dell’istanza a Roma.

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