Al voto, al voto. A Roma come a Busto Arsizio

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E’ Ferragosto, un giorno che dovrebbe essere votato alla leggerezza. Invece commemoriamo le vittime del ponte Morandi e affrontiamo la crisi di governo, “la più pazza del mondo” avverte Antonio Polito sul Corrierone. Dal dolore un anno dopo per i morti di Genova allo sconcerto per quando accade in Parlamento. Momenti diversi, ma che in ugual modo ci offrono l’immagine di un Paese in bilico tra la rappresentazione negativa di se stesso e l’incapacità di uno scatto che ne recuperi lo spirito più virtuoso, come spesso è accaduto in passato.

Nonostante il periodo vacanziero, dedicato per definizione alla spensieratezza, si fatica a guardare al futuro con ottimismo. La confusione, il disagio sociale e politico non riguarda soltanto i cosiddetti “piani alti”, ma tocca anche situazioni locali dove sembra smarrito il senso delle cose e della realtà. Più o meno come nei Palazzi romani, dove i contesti si compongono e si scompongono sulla base di scelte a volte emozionali, più spesso in funzione del potere e dell’annientamento politico dell’avversario.

Trovare il bandolo della matassa è un’impresa. Ciò che valeva ieri o un’ora fa, adesso è già cambiato. Gli esempi sono nelle cronache parlamentari, nelle nuove maggioranze che sembrano nascere e nelle inversioni di rotta di questo o quel leader. Tatticismi che disorientano noi comuni cittadini e, appunto, accrescono il disagio di fronte a una politica pasticciona, litigiosa, lontana anni luce dal comune sentire del “popolo sovrano”; al quale si vorrebbe ridare la parola con le elezioni anticipate, ma anche no. Eppure, mai come nell’attuale ginepraio politico ci sarebbe bisogno di chiarezza, che a questo punto deriva soltanto dalle urne.

Elezioni necessarie a livello nazionale e, tutto sommato, in alcune realtà locali. Una su tutte: Busto Arsizio, dominata da un sindaco refrattario alle mediazioni, un uomo del fare e in certe occasioni dello strafare, che usa il pugno di ferro con avversari e giornalisti (parla soltanto con la stampa che considera amica!) e fa perdere la pazienza ai partiti che l’hanno espresso e lo sostengono. Il rimpasto di giunta, ancora impantanato, ha allargato il solco tra il primo cittadino e le segreterie, soprattutto della Lega, ritenute un problema mai una risorsa. Come è possibile governare la quinta città della Lombardia in un clima di tensione e di diffidenza, con la sgradevole sensazione che in Comune passi una linea dispotica?

Nel suo editoriale, Polito cita Ennio Flaiano: la situazione è grave ma non è seria. Formidabile aforisma che calza a pennello sia per Roma sia per Busto Arsizio e non solo. Al di là delle citazioni c’è la realtà. E con essa l’urgenza di ritrovare una via maestra che eviti il disastro a ogni livello. Disastro che non sarebbe soltanto nelle cose, ma anche etico, nello spirito democratico della gestione della cosa pubblica. Per risolvere la confusione politica e evitare corti circuiti della democrazia c’è soltanto una strada: ritornare al voto. Consapevoli che, comunque vada a finire , dopo Ferragosto niente sarà più come prima.

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