Alessandro Alfieri: «Il Pd al governo sull’autonomia farà meglio della Lega»

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ROMA Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico, dopo aver partecipato alla stesura del programma sui temi legati all’Europa e agli Esteri, potrebbe essere l’unico rappresentante  della provincia di Varese nel nuovo governo Pd – Cinque stelle. Per lui, si dice, sarebbe pronto un posto da sottosegretario alla Farnesina al fianco del ministro Luigi Di Maio. Ipotesi che Alfieri non nega. Davanti alla quale dice: «Se vengo chiamato sono pronto». Aggiungendo poi «se potessi scegliere farei il presidente della Commissione Esteri», e specificando che «in questo momento sto continuando il mio lavoro di capogruppo agli Esteri e ho la fortuna di conciliare la mia passione al mio impegno professionale».

Fuori la Lega dentro il Pd, ma sempre con Conte. Alfieri, cosa è cambiato nella formazione del nuovo governo?
«Il metodo. Prima Lega e Cinque stelle sceglievano ognuno i propri punti e poi trattavano, con Conte costretto a fare quasi da notaio. Ora invece siamo partiti da punti condivisi e sono questi che dettano l’agenda del primo ministro e dell’azione governativa. Ma non solo».

Che altro?
«Il Paese ha ritrovato credibilità ed è uscito dall’isolamento in cui l’aveva costretto Matteo Salvini. Lo stesso commissario europeo Gentiloni è stimato e tutto ciò permetterà all’Italia di godere di maggior flessibilità e attuare una politica espansiva. Un segnale? Lo spread che si è abbassato e ha permesso di incamerare una decina di miliardi che potranno essere destinati per “coprire” parzialmente l’aumento dell’Iva».

Un tema comune anche al primo governo Conte è l’autonomia della Regioni. Il governatore Fontana, e non solo, è convinto che ora non verrà mai realizzata.  Sarà così?
«Sorrido. Per un anno è mezzo, ovvero da marzo 2018 a pochi giorni fa, l’autonomia è stata una priorità del governo a trazione leghista. L’unica cosa certa è che non hanno portato a casa niente. Forse Fontana dovrebbe essere preoccupato per questo “zero” e riflettere sull’errore che loro, i governatori, hanno fatto».

Quale sarebbe l’errore commesso? 
«Chiedere l’impossibile».

Ovvero? 
«Hanno chiesto lo statuto speciale, cioè ciò che lo stesso Salvini non avrebbe mai concesso, dal momento che ha fatto della Lega un partito nazionale. Credo invece che sia molto più sensato e concreto il concetto di autonomia elaborato da Gentiloni e Maroni. Mi riferisco alla pre-intesa esistente nella quale sono stati individuati punti strategici quali innovazione, ricerca scientifica, formazione, politiche del lavoro. Temi che permetterebbero al sistema lombardo di essere competitivo anche in Europa. Ecco, la sfida dell’autonomia alle Regioni non mi spaventa. Però ripartirei da qui, poiché si porterebbero a casa funzioni e risorse in più rispetto al nulla fatto dal governo con Salvini e a trazione leghista».

Insomma si riparte dall’idea “Gentiloni – Maroni” e dal… ministro Pd Boccia agli Affari Regionali. Giusto? 
«Non politicizziamo il tema e non usiamolo come una bandierina da sventolare. Il punto non è l’appartenenza politica di un ministro, ma l’essere coerenti con un percorso che il Partito democratico aveva già impostato».

Intanto però c’è chi critica la composizione di questo governo: troppi ministri del Sud e Nord penalizzato in termini di rappresentanza. E’ così? 
«Vero, ma sono convinto che nella composizione finale ci saranno altri lombardi in posizioni chiave».

Per ora, il dato geografico dice che rispetto al primo Governo Conte la provincia di Varese, che era molto rappresentata, è stata “azzerata”. 
«E quali risultati hanno portato a casa per il territorio? Io penso che sia importante avere bravi rappresentanti politici della nostra provincia, indipendentemente da chi va al governo. Faccio un esempio concreto. Con i governi Renzi e Gentiloni i risultati sono arrivati lo stesso. Eppure non c’erano rappresentanti della nostra provincia».

Pd e Cinque stelle vanno d’accordo a Roma, ma per esempio a Busto sono ai ferri cortissimi. La nuova alleanza parlamentare verrà tradotta anche a livello territoriale? 
«Prudenza e un passo alla volta. I primi mesi di lavoro ce lo diranno».

Senza dimenticare però che tra un paio d’anni a Varese si andrà al voto. Come?
«Il sindaco Davide Galimberti sta lavorando bene con la sua squadra. Sta cercando di aprire a nuove forze civiche e a soggetti che vogliono impegnarsi per il futuro della città. Non imbrigliamo il lavoro in corso con formule politiche premature».

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