Anni di piombo: i figli delle vittime testimoniano al Falcone di Gallarate

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GALLARATEEmanuele Tuttobene, ucciso a Genova il 25 gennaio 1980, e Antonio Iosa, gambizzato a Milano nell’aprile seguente. Oggi, sabato primo febbraio, l’I.S. Giovanni Falcone di Gallarate ha ospitato le testimonianze dei rispettivi figli, Claudia e Christian, nell’incontro “Anni di piombo” dedicato alle vittime del terrorismo brigatista. L’evento, organizzato dall’associazione Volarte Italia guidata da Adelio Airaghi, è stato introdotto da Vito Ilacqua, dirigente scolastico e condotto da Annitta Di Mineo, docente referente per la legalità; erano presenti Biagio Ciano e Mario Monne, marescialli dei carabinieri.

Le conseguenze di ogni scelta

«Non è lo Stato per noi, ma noi siamo lo Stato. Siamo qui per ricordare: il futuro della società è basato sul ricordo», ha esordito Ilaqua, che ha rievocato gli episodi principali del clima di violenza fine anni Settanta. Dopo le note del silenzio in memoria delle vittime, eseguito al flauto da Alice Belvisi, Di Mineo ha illustrato alcune caratteristiche assunte dal terrorismo in Italia: «una carneficina» che vide quello di matrice nera legato alle stragi, quello rosso invece agli attentati diretti a una o due persone». Come ha ammonito, se i pentimenti emersi in seguito sono forse serviti a capire gli sbagli, «non si può ottenere il cambiamento essendo sovversivi e minacciando, ma con il dialogo. E, per ogni scelta che si fa, bisogna sempre pensare alle conseguenze».

Distruggere il funzionamento dello Stato

Lo sbaglio di un esponente della polizia, dei carabinieri o dei magistrati non deve depauperare di importanza gli altri mille che ogni giorno svolgono con dedizione il loro compito. Come ha ricordato Tuttobene, suo padre aveva deciso, dopo un momento di delusione, e nonostante i pericoli incombenti, di tornare a indossare la divisa. «Avevo dodici anni quando fu assassinato. Mi sono resa conto di quanto ho perso solo quando ho avuto mio figlio. Ma la società ha perso di più, perché sono stati colpiti gli uomini che svolgevano bene il loro lavoro; nella logica del terrorismo mio padre rappresentava al meglio gli ideali dell’Arma. E quindi il funzionamento dello Stato, che doveva essere distrutto; ma per costruire che cosa, non è chiaro. Il rancore diffuso, terreno fertile su cui lavorare, ha potuto contare anche su un’altra arma a suo favore: l’indifferenza. Tante persone cercavano di portare avanti la loro vita senza farsi toccare. Non so ancora chi sparò quel giorno. Per me furono le Brigate Rosse, probabilmente gli appartenenti al covo di via Fracchia che poi perirono in uno scontro a fuoco dopo un’irruzione della polizia».

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Un punto di riferimento per Quarto Oggiaro

Christian Iosa ha ricordato l’opera di promozione sociale compiuta a Quarto Oggiaro dal padre Antonio: «Giunto a Milano dal Sud, creò il centro “Carlo Perini” per trasformare un quartiere a rischio in un punto di riferimento culturale: di lì passarono, tra gli altri, Pierpaolo Pasolini, Camilla Cederna, Ernesto Treccani, Umberto Veronesi e Sergio Mattarella». Nonostante il clima di tensione crescente volle proseguire con le attività; ma il primo aprile 1980, a un dibattito ospitato in una sede della Dc, fecero irruzione quattro componenti armati della Colonna Walter Alaisi. «C’è un legame con la storia di Claudia: la polizia aveva appena ucciso quattro brigatisti nel covo di via Fracchia a Genova, quindi dovevano rispondere uccidendo altrettanti esponenti della Dc». Furono portati in fondo alla stanza per l’esecuzione ma, invece di inginocchiarsi, restarono in piedi; fu la loro salvezza, perché i terroristi decisero di gambizzarli. «L’essere sopravvissuto diede a mio padre nuova linfa vitale, e una missione in più da compiere: richiamare al dovere della memoria, perché poteva raccontare ciò che era successo. Perché i terroristi, usciti di prigione, potevano parlare e le vittime no? Se non fosse stata fondata l’associazione a loro dedicata non ci sarebbero state né commemorazioni né testimoni che facessero capire quell’epoca. La prima legge per le vittime del terrorismo è stata fatta nel 2004, lo Stato se ne è dimenticato per 35 anni».

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