AQUILOTTO DELLA VALLE DEL SEVESO: “Vinciamo il derby per giocarci il quarto posto”

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Teodor Nasi

La Lazio sta passando un pessimo momento. Infortuni a pioggia, tra cui Lulic e Berisha, rosa corta, anzi, cortissima. Immobile unico attaccante di fatto ancora sul pezzo, anche se io mi ostino a non considerare Correa un comprimario.
Non solo, ma la squadra è reduce da sconfitte brucianti e da una classifica non all’altezza degli obiettivi. Il tutto a tacere di idiote polemiche su una inesistente violenza dei suoi tifosi.
Ma c’è di peggio: il calendario futuro. La squadra “minimal” stile Lotito deve giocare ogni tre giorni. Martedì la semifinale della nostra troppo amata Coppa Italia e poi il derby. E poi, ancora, a seguire, tutte le prossime partite che contano le dovrà giocare fuori casa. La Lazio deve vincere il derby e poi giocarsi con il Milan allo scontro diretto la possibilità, non solida, di arrivare quarta. Che, diciamolo, è già di per sé un triste obiettivo.
In sintesi in difesa Inzaghi ha in forma solo Acerbi. Il resto sono una serie di reduci malconci che devono aggredire il Milan di quel cecchino di Piatek che si legge “Pioltek”. Se l’anno scorso Ringhio Gattuso sembrava l’allenatore fuori luogo e un po’ sfigato, mentre Simone Inzaghi il superfigo di Formello, quest’anno i ruoli appaiono invertiti. Sono contento per Gattuso, brava persona.
Due note di colore, abbastanza tristi.
La prima è oggettivamente triste. Vedere una laziale come la Raggi (sempre se lo è ancora, ma è pur sempre una donna, certe cose le sente fino ad un certo punto) che bidona gli inviti della prima squadra della capitale per andare all’inaugurazione della sede dei “cugggini” insieme a Conte. Questo la dice lunghissima su quanto la società conti in questo momento. Per non aggiungere che lo si vede anche in mille altre piccole e grandi cose, che è meglio tacere.
La seconda è una cosa bella, resa triste dagli imbecilli. Lotito chiama un amico prete per benedire i nuovi locali del centro sportivo. Sui giornali già si parla di macumba ed esorcismi. È invece il gesto più sano e umano che si possa fare, radicato in duemila anni di tradizione occidentale, semplice, diretto, schietto: si chiede a Dio di tenere la mano sulla testa ai suoi figli, anche quando si tratta di una cosa sportiva. Ma forse proprio per questo è divina, perché una cosa sportiva è una cosa profondamente umana e come tale da Dio amata. È una delle piccole grandi cose che mi fanno essere orgogliosamente laziale, e che mi fanno provare pietà per chi sfotte questo gesto umano, cioè divino. Pochezza da ignoranti se la si banalizza o se la si sfotte.
Questo è, siamo a pezzi. Il buonsenso grida che le prenderemo, sia martedì che al derby. È quindi necessario che il quotidiano diventi eroico e che l’eroico diventi quotidiano, come diceva quel grande laziale santo di Giovanni Paolo II parlando di San Benedetto.

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