Busto Arsizio, sesta in classifica ma anche ultima

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Organi di stampa e partiti politici prendono in esame in questi giorni l’andamento demografico di Busto Arsizio che, secondo i dati diffusi dall’Istat, ha perso il quinto posto in Lombardia per numero di abitanti a favore di Como: Busto è scivolata al sesto posto in graduatoria. Poco male, potremmo affermare, alla luce di numeri quasi insignificanti rispetto a parametri di ben altra sostanza i quali, questi sì, formano classifiche veritierie e non di puro contenuto cronachistico. Ora, se da un lato c’è chi spiega la retrocessione della città dei brusciti con la complessità delle registrazione anagrafiche, esposte a calcoli approsimativi per questioni temporali e burocratiche, altri, come il Partito democratico, addossano le colpe alle improvvide scelte amministrative del centrodestra al governo di Palazzo Gilardoni.

Con molta probabilità ci sono ragioni sia nell’una sia nell’altra versione, ma si rischia di semplificare la vicenda, riposizionandola su una mera cifra campanilistica. Come nei bei tempi andati delle sassaiole tra bustocchi e gallaratesi o alle rivalità calcistiche con Varese. Oppure, per rimanere nel presente, per il provincialissimo derby sulle luminarie natalize: Busto prima ad accenderle ma, come si è visto, anche la prima a spegnerle.Il discorso, sui veri o presunti primati da sbandierare dentro la retorica della bustocchità, dovrebbe invece prendere ben altre strade, rapportandosi a parametri economici, sociali, ambientali, infrastrutturali; insomma, alla qualità della vita dei residenti, dei servizi di cui possono godere e dei modelli di efficienza e funzionalità di questi stessi servizi. Poi c’è il contesto urbano, che può da solo falsare o autenticare la posizione in classifica. Supponiamo che tra Busto e Como, quanto meno al solo colpo d’occhio, la gara sia improponibile; per dirla in un altro modo: non c’è corsa. Diverso il tema dei flussi demografici relativo agli stranieri che arrivano nelle due città e che, appunto, concorrono in modo massiccio a modificare il numero degli abitanti.

Busto, è vero, usufruisce della vicinanza di Malpensa, degli snodi stradali e ferroviari che le stanno attorno, di una realtà manifatturiera e produttiva di primo livello. Como risponde, oltre che con le amene note paesaggistiche, con la contiguità con la Svizzera, che favorisce la residenza dei frontalieri. Fermo restando che siamo sempre sulla superficie del problema, dei temi che dovrebbero determinare la vera classifica al di là dei numeri. Qui però mancano i dati, l’Istat non ce li presenta, né potrebbe presentarceli a fronte di un’analisi generale di altra natura, che non può certo occuparsi del particolare.

Detto questo, per il Pd, Busto Arsizio avrebbe perso attrattività per la mancanza di una visione univoca tra le componenti del centrodestra e, più nello specifico, per una mancanza di visione. Punto. Che il problema sia politico, può essere. Benché appaia arduo sostenere che Busto non sia più attrattiva a causa della stagnazione demografica, semmai esista davvero una stagnazione: rispetto all’anno scorso ci sono 12, dicasi dodici, residenti in meno: 83.616 a fronte di 83.628, circa 2000 in meno di Como, 3000 in più di Varese. Insomma, classifiche che, prese così, nel merito lasciano il tempo che trovano.

Piuttosto, il rapporto del Censis, che sta generando un vasto dibattito nel Paese, propone una suggestione, come la definisce Dario Di Vico sul Corriere della Sera, che dovrebbe far riflettere: il 48 per cento degli italiani è attratta dall’uomo forte al potere. I motivi sono molteplici e meritano commenti tutt’altro che affrettati. Sarebbe però interessante capire da che parte stanno i bustocchi e i bustesi in relazione all’ “uomo forte” di Palazzo Gilardoni, cioè a un sindaco a cui piace lo scettro del comando e che, addirittura, sospende la democrazia con la stampa che gli sta antipatica e alla quale vorrebbe mettere la mordacchia. E’ un altro dato che contribuisce alla formazione del primato a cui si faceva cenno: il tasso democratico di una città è di sicuro indicativo e sostanziale. Ma su questo argomento, né il Partito democratico né altre formazione politiche mai si sono espresse pubblicamente. E Busto passa di colpo dal sesto posto in classifica, all’ultimo.

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