Pd e Cèv: «Gallarate senza più una maggioranza. Perché Cassani teme il voto?»

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GALLARATE – «Perché ha così tanta paura del voto anticipato il sindaco Andrea Cassani? Ha forse così poca stima di se stesso da dover subire il Vietnam per un anno e mezzo anziché tornare alle elezioni a Gallarate con una Lega data così forte nei sondaggi?». E’ il capogruppo dem Giovanni Pignataro a parlare, oggi 7 dicembre in conferenza stampa, in rappresentanza di tutta la minoranza (Pd, Città è Vita, Gallarate 9.9 e Libertà per Gallarate) che lunedì sera porterà in consiglio comunale la mozione di sfiducia al primo cittadino. Quattro i temi affrontati nel colloquio del sabato di fronte ai giornalisti.

Non c’è più una maggioranza

Nella migliore delle ipotesi (per il sindaco), lunedì la mozione di sfiducia non passerà con 12 consiglieri favorevoli e 12 contrari. «Ma anche se non passerà – ha aperto le danze Sebastiano Nicosia (Cèv) – la mozione ha accellerato un processo: Cassani dovrebbe prendere atto che non c’è più una maggioranza. In ogni voto ormai la differenza la fanno il sindaco e il presidente del consiglio comunale, due figure istituzionali che dovrebbero essere super partes».

Lorusso in FdI

Pignataro ha affrontato invece il tema del passaggio di Giuseppe Lorusso in Fratelli d’Italia. «Un conto è stare nel Gruppo Misto, un altro stare in un partito che a oggi è il migliore sostenitore di un sindaco indagato», è l’affondo del capogruppo dem, ricordando che Lorusso di professione è un finanziere. «Non c’è nessun tipo di incompatibilità formale, ma bisogna capire se tutto è opportuno, nel massimo rispetto di ciascuno. In una situazione normale non ci sarebbe alcun problema, ma a fronte dei fatti emersi ci troviamo oggettivamente davanti a un soggetto in una situazione singolare». Pignataro è tornato inoltre sull’inizio con brivido del consiglio comunale di giovedì scorso: «Retroscena giornalistici parlano di una telefonata di un segretario provinciale a un consigliere comunale, un episodio che ci lascia alquanto perplessi».

La figura del sindaco

Augurandosi che Cassani non partecipi al voto di lunedì («La legge non è chiara, ma per opportunità dovrebbe astenersi»), Carmelo Lauricella (Pd) ha insistito affinché sia lo stesso sindaco a terminare anticipatamente il mandato: «Aveva dichiarato che si sarebbe dimesso alla prima notizia di indagine di un componente della giunta. E invece ha attribuito responsabilità oggettive ai due assessori di Forza Italia (Moreno Carù e Isabella Peroni, ndr) mandandoli a casa lo scorso giugno, ma lo stesso criterio non lo ha applicato su se stesso. Due pesi e due misure».

Opposizione serrata

Se la mozione di sfiducia lunedì non dovesse passare (salvo colpi di testa dell’ultimo minuto è assai probabile che i 13 voti necessari non verranno raggiunti), Anna Zambon (Pd) promette dal giorno seguente un’opposizione ancora più serrata: «Il monitoraggio degli atti amministrativi sarà assiduo. Anche perché, con questi numeri, ogni consiglio comunale sarà per la maggioranza un’occasione per andare sotto».

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