Appalto per il bar dell’ospedale di Busto Arsizio, contraddizioni in Aula 

busto bar ospedale processo
Giuseppe Filoni a processo

MILANO – L’appalto per la gestione del bar dell’ospedale di Busto Arsizio al centro della sessione pomeridiana dell’udienza Mensa dei poveri che si è svolta oggi, 18 novembre, nell’aula bunker 2 di via Guido Ucelli di Nemi a Milano. Sotto i raggi X quella cena, che si è tenuta un anno e due mesi prima della gara d’appalto, in un ristorante di Gallarate. Al tavolo sedevano Nino Caianiello, ex plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese e per sua stessa ammissione “generoso” dispensatore di appalti e incarichi, il suo “figlioccio” Giuseppe Filoni, legale rappresentate della Effecinque Società Cooperativa che quella gara effettivamente la vinse, il direttore amministrativo Marco Passeretta dell’Asst Valle Olona che lanciò la gara e Davide Antonio Damanti, funzionario della stessa azienda e Rup. Sentiti oggi i tre commensali del “mullah”, sono emerse alcune discrepanze. 

La versione di Passaretta 

«Quella cena mi fu chiesta da Caianiello, me la sollecitò almeno tre volte», ha raccontato ai giudici Passaretta. «Al tavolo doveva esserci soltanto Damanti, che non era contento del trasferimento che aveva ottenuto. Andai con l’intento di familiarizzare con lui su quella vicenda e invece trovai anche Filoni. Non me l’aspettavo, mi venne presentato come un amministratore pubblico». E’ evidente, dunque, secondo la sua versione, che non ci fu alcun accordo in merito ai fatti contestati dalla procura. «Abbiamo parlato con Filoni di politica locale e dell’ospedale. Ribadisco, mi era stato presentato come un amministratore locale, non è mai venuto fuori che fosse un barista». 

La versione di Filoni 

Poco dopo è stato sentito Damanti, che ha derubricato il motivo della cena come «per un semplice saluto», e poi Filoni, che ha definito il suo rapporto con Caianiello come tra un nipote e uno zio. Del bar dell’ospedale di Busto si parlò eccome invece secondo lui. Incalzato dalle domande del pm Silvia Bonardi ha riferito che però che gli venne comunicata l’intenzione di indire una gara per la gestione del bar. Nulla di più. Tant’è vero che ha detto: «Sono sereno: su questa gara non ho nulla da temere». Più difficile è stato trovare una risposta alla domanda del giudice Paolo Guidi che gli ha chiesto perché Caianiello, «visto che le vuole così bene», avrebbe invece raccontato ai magistrati di aver chiesto una raccomandazione nei suoi confronti. Perché insomma con la sua ammissione lo avrebbe messo nei guai?   

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