Don Roberto a Como, don Isidoro a Busto: doppio sacrificio sulla via della santità

busto como don roberto isidoro

Per i tanti che, a Busto Arsizio, hanno memoria della tragica fine di don Isidoro Meschi (don Lolo), assassinato la sera di San Valentino di 29 anni fa da un ragazzo con problemi psichici che il sacerdote aiutava, rabbrividiranno alla notizia di un altro prete “degli ultimi” ucciso ieri, 15 settembre, a Como. Le analogie sono impressionanti e riconducono ai pericoli a cui sono esposti i sacerdoti e tutti coloro che praticano la solidarietà, quella vera, quella evangelica, che non si pone limiti né cerca scuse o pretesti né, tanto meno, visibilità.

Don Roberto Malgesini era così, come sono le persone speciali, illuminate, affrancate dal peso di una società che guarda poco o nulla agli altri, che pensa soltanto a sé stessa e alle lusinghe di cui trabocca. Un prete prossimo alla santità, ci verrebbe da scrivere. Come per don Isidoro. Come lui vittima di colui che voleva sostenere umanamente e non solo. Una coltellata fatale, che non dà scampo. Un gesto che pare non avere motivazioni concrete, se non nei recessi di una mente scossa, disturbata, che non distingue più il bene dal male.

L’assassino di don Isidoro (tra i fondatori della comunità Marco Riva, insegnante al liceo, giornalista) era un giovane con gravi problemi psichici. L’uomo che ha tolto la vita a don Roberto pare non fosse psicopatico, il tunisino Rahdi Mahmoudi, benchè oppresso dall’idea di un complotto ai suoi danni. E che da lì sarebbero emersi i provvedimenti per il suo rimpatrio. Comunque sia, una devianza, una insana convinzione che anche il sacerdote facesse parte del complotto, nonostante tutte le mattine, alle 7, fosse lì, nelle piazze e nelle strade di Como, ad accudire i senza tetto, quell’umanità dolente e spesso disperata priva di speranze e bisognosa di fratellanza.

Papa Francesco ha ricordato oggi, mercoledì 16, don Roberto, durante l’udienza generale: “Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi famigliari e della comunità comasca. E come ha detto il suo vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza. Cioè per il martirio, di questo testimone della carità verso i più poveri”. Parole che non ammettono repliche, che introducono la necessità di una profonda meditazione sui paradigmi a cui ci affidiamo rispetto all’eroismo di chi dà un senso compiuto alla propria esistenza, che non ammette il rancore e promuove il perdono e la compassione. Eroi, certo. E santi. Di fronte ai quali paiono inappropriate persino la commozione e il cordoglio, a volte frutto di una spinta emozionale che, comunque sia, è destinata a lasciare per sempre traccia nei cuori per l’esempio di vite dai valori assoluti,

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