Busto, processo Efrem: Molinari parla per otto ore. E conferma tutte le accuse

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BUSTO ARSIZIO – Ha parlato per quasi otto ore oggi, martedì 16 febbraio, davanti ai giudici del Tribunale di Como Matteo Molinari, l’imprenditore bustocco testimone chiave nell’inchiesta che nel luglio scorso ha portato all’arresto dell’ex consigliere comunale in quota Busto Grande-Lombardia Ideale Paolo Efrem (nella foto)Daniele Frustillo, Giuseppe Lillo, Vincenzo e Raffaele Rispoli (rispettivamente figlio e fratello del boss della locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate Pozzolo Vincenzo Rispoli).

Frustillo gestiva i clienti

Efrem, nello specifico, è accusato di emissione di false fatture attraverso una società a lui riconducibile (la Efrem Trade)  con l’aggravante dell’agevolazione delle cosche. Molinari, arrestato a sua volta nell’ottobre 2019 nella prima tranche dell’inchiesta, ha di fatto confermato tutto l’impianto accusatorio. Incalzato dalle domande del pubblico ministero Silvia Bonardi, che ha coordinato le indagini, ha spiegato come Frustillo lo tenesse praticamente «Alla catena perché gestiva l’80% del nostro pacchetto clienti». Al centro della vicenda c’è la società Smr Ecologia srl, il cui titolare era appunto Molinari, operante nel settore prima del trasporto e poi del trattamento rifiuti, attraverso l’impianto di La Guzza, e che avrebbe subito per un lungo periodo, l’infiltrazione da parte di soggetti legati alla locale di Legnano-Lonate Pozzolo.

Partecipò alla campagna elettorale

Molinari ha spiegato come lui, Efrem e Frustillo si conoscessero da tempo perché tutti cresciuti nel quartiere di Sant’Edoardo. Ha confermato che Frustillo, uomo vicino ai clan secondo l’accusa, aveva preso parte «Alla campagna elettorale di Efrem» chiedendo i voti per far eleggere il candidato di Busto Grande. E che attraverso Efrem, a quel punto già diventato consigliere, aveva loro fatto ottenere un incontro con Carmine Gorrasi, consigliere di maggioranza in quota Forza Italia e coordinatore provinciale degli azzurri prima dell’arresto in seguito all’inchiesta Mensa dei poveri, per un’eventuale trattazione dei rifiuti in Accam. L’idea finì però nel nulla: Gorrasi non se ne interessò mai.

Il tuttofare del clan Farao

Efrem appare nel racconto di Molinari come una sorta di tuttofare del clan Farao. Secondo l’accusa oltre centomila euro sarebbero stati fatti saltar fuori dalla società del consigliere eletto nella lista Busto Grande-Lombardia, per poter sostenere le spese dei familiari di Silvio Farao, detenuto in regime di 41 bis e ritenuto parte della cosca Farao-Manicola, a cui la locale lombarda risulta collegata. Nel suo computer gli inquirenti hanno trovato anche prenotazioni di viaggi, voli, hotel e persino di biglietti per le partite dell’Inter a disposizione dei Farao. Nel lungo interrogatorio Molinari ha infine confermato di essere stato costretto ad assumere oltre ai parenti di Rispoli, anche gli operai della cooperativa di Giuseppe Cauchi, imprenditore bustocco mandato a processo e poi assolto, perché ritenuto il mandante dell’omicidio di Matteo Mendola. Le difese hanno iniziato il contro esame che proseguirà il 23 febbraio nonostante i legali avessero chiesto un rinvio ai primi di marzo per avere il tempo di studiare tutte le trascrizioni. «Molinari è un teste completamente inattendibile – spiega Luigina Pingitore, difensore di Efrem – Si è contraddetto più volte e ha detto cose che non stanno né in cielo né in terra. Ripeto è inattendibile e lo dimostreremo». Efrem potrebbe tornare in libertà a inizio marzo, allo scadere dei termini di custodia cautelare.

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