Busto, i Cinque Stelle chiedono un’azione di responsabilità nei confronti di Accam

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BUSTO ARSIZIO – Il futuro di Accam e l’assenza di una copertura assicurativa sui danni all’impianto sono stati i temi che hanno monopolizzato la discussione nel consiglio comunale di ieri, lunedì 17 febbraio. E se la partita relativa al futuro dell’impianto è ancora tutta da giocare, sul tema delle polizze, non più rinnovate dal 2016, i Cinque Stelle, partendo da un’interrogazione, sono arrivati a chiedere al sindaco «di portare avanti un’azione di responsabilità nei confronti di Accam. E qualora ciò non dovesse accadere – ha aggiunto la consigliera Claudia Cerini – siamo pronti a portare la proposta in consiglio comunale».

Come, quando e perché?

Un’interrogazione e una mozione su Accam, entrambe a firma pentastellata. In sala esagonale si parte dall’interrogazione. Quella sulla polizza che non c’è. E a interrogare il sindaco Emanuele Antonelli sull’argomento è stata la consigliera Claudia Cerini. «Abbiamo appreso prima dalla stampa e poi in commissione dell’assenza di copertura assicurativa sui danni provocati dal rogo del 14 gennaio scorso. Vorremmo sapere da quando mancano le assicurazioni, chi ha deciso di non sottoscriverle e perché. Ma soprattutto, alla luce del fatto che ora bisognerà pagare parecchi soldi per riparare i danni dell’incendio, chiediamo che l’amministrazione porti avanti un’azione di responsabilità nei confronti di Accam. In caso contrario saremo noi a portare in consiglio l’iniziativa».

E’ lo stesso sindaco Antonelli a dare risposta agli interrogativi grillini, spiegando di fatto quanto già detto dal presidente del cda di Accam Angelo Bellora. Ovvero che «le assicurazioni non sono più state rinnovate dal 2016 poiché all’epoca si prevedeva la chiusura dell’impianto da lì a pochi mesi e quindi è stato deciso di non investire 350 mila euro per la polizza». Ma il primo cittadino non si è fermato lì. E ha aggiunto: «Se poi mi state chiedendo se hanno fatto bene o male ad assumere questa decisione, vi dico che hanno sbagliato, perché ogni società deve essere assicurata». E infine: «Nel nuovo piano industriale l’assicurazione è prevista. So che il cda sta predisponendo la gara per individuare la compagnia assicurativa e stabilire una polizza».

Che fare?

E’ questa la domanda che tutta la politica bustocca si pone riguardo alla spinosa e disperata situazione di Accam. E tutte le forze consiliari hanno cercato di dare una (prima) risposta dopo che i Cinque stelle hanno illustrato la mozione nella quale in sostanza si invita «il rappresentante del Comune a chiedere alla società Accam di valutare lo scenario di chiusura anticipato rispetto al 2027».

La mozione ha avuto il merito di aprire un momento di confronto sull’argomento. Che non si è esaurito con il ritiro della mozione da parte dei Cinque Stelle. Poiché prima del 28 febbraio (giorno in cui è fissata un’assemblea dei soci) potrebbe riunirsi un consiglio straordinario proprio su Accam, con l’obiettivo di trovare una posizione condivisa e di dare mandato al sindaco di portarla e sottoporla ai componenti del consorzio.  Ma tra il dire e il convocare il consiglio straordinario, c’è di mezzo una delibera. Ovvero un documento ufficiale, ancora tutto da costruire (e poi da votare) e nel quale dovrebbe venire illustrata la posizione che vorrà tenere Busto rispetto all’intera partita. Sintesi che dovrà essere trovata (e non sarà facile) in tempi davvero strettissimi.

Time out

Da qui al consiglio d’urgenza sull’inceneritore (se ci sarà) è stato chiamato uno specie di time out, durante il quale sindaco, giunta e consiglieri dovranno provare  a fare sintesi delle posizioni emerse. Ma andiamo con ordine.

Il sindaco

In consiglio ieri c’era un Antonelli diverso dal solito, che ha fatto capire la sua posizione senza al momento volerla imporre a discapito di tutto e di tutti. Il primo cittadino è forse l’unico, in questo momento, convinto è pronto a giocare tutte le carte possibili sulla ripartenza: «Se prima dell’incendio avevamo qualche speranza di arrivare a chiudere prima del 2027, ora no. Le difficoltà c’erano anche prima, ma ora il quadro è completamente cambiato. Siamo di fronte a una società senza più liquidità e che ha chiesto ai soci 3 milioni di euro per andare avanti. Non so dire al momento se i Comuni riusciranno a metterli, poiché c’è anche il problema di come farlo. Oltre al fatto che il consiglio comunale di Busto deve anche esprimersi in merito al contratto d’affitto del terreno che scade due anni prima della data fissata per lo spegnimento».

La posizione grillina

La consigliera Cerini mette sul tavolo una serie di quesiti a partire dai conti: «Sentiamo dire che la chiusura è un dramma economico. Ma siamo sicuri che, a conti fatti, i costi siano superiori agli investimenti necessari per ripartire, ai quali bisogna aggiungere gli interventi programmati e senza contare che stiamo parlando di un impianto datato, superato e fonte ogni volta di tanti problemi». E ancora: «Considerando quanto accaduto e la situazione societaria, il piano industriale del 2027 è ancora valido? E con l’uscita dalla gestione in house c’è la certezza che la società possa partecipare e vincere le gare d’appalto dei Comuni?». Punti di domanda che confermano implicitamente la posizione che i pentastellati sostengono da sempre: «Meglio chiudere».

Non Cattaneo, ma la Regione

Non si sa se come membro del governo bustocco, come esponente di Forza Italia o come ex sindaco che ha vissuto molte vicende legate all’inceneritore. Forse un po’ tutte e tre le cose. Sta di fatto che Gigi Farioli ha ribadito la necessità di prendere una decisione non più rinviabile e ha di nuovo rivolto un appello forte alla Regione, ricordando che «Busto, già in un momento complesso, ha saputo essere leader in Accam, quando seppe evitare alla Provincia e alla Regione, che a quel tempo fece sentire la sua posizione, pesanti sanzioni europee. Per questo credo che la Regione, e quindi non Raffaele Cattaneo, bensì (ha ripetuto ndr) la Regione a questo punto non può chiamarsi fuori. E poi attenzione, un conto è l’inceneritore che si potrebbe anche chiudere e un conto è la società e il suo futuro. Perché una liquidazione, che poi sarebbe un fallimento, avrebbe lo stesso effetto di un esproprio per il nostro Comune e la nostra città. Insomma invito a ragionare e a non escludere a priori la necessità di dare quella spinta economica che la società ha chiesto ai soci».

A bocce ferme

Impianto spento e cambio della compagine societaria. Sono le due condizioni che mette sul tavolo la Lega per voce della consigliera Paola Reguzzoni prima di parlare di futuro di Accam. La leghista, dopo averlo già fatto in commissione, torna poi a far leva sul peso politico, economico e d’importanza di Busto. «Siamo di fronte all’ennesimo fallimento politico gestionale della società. C’è solo un modo per venirne fuori, ovvero Busto prenda in mano la situazione senza aspettare le decisioni di altri. Qualche mese fa è stato votato un piano industriale anche da soci che in Accam non conferiscono un rifiuto. Che però decidono, su qualcosa di cui non interessa nulla. Chi vuole uscire esca e Busto, se deve prendere una decisione, anche sotto il profilo economico, per arrivare alla chiusura, non si sottragga a questa responsabilità».

Bandiera bianca

A credere che non ci sia soluzione e che il rilancio di cui parla Bellora e come un miraggio nel deserto è Valerio Mariano del Pd. «E dire – spiega – che io ho sempre ritenuto Accam una risorsa. A questo punto credo che si debba ragionare oltre che su ambiente e bonifica, anche sul futuro dei lavoratori impiegati all’impianto. E credo che la Regione non si possa chiamare fuori dicendo che il problema è tutto sulle spalle dei soci. A questa maggioranza chiedo solo di mettere sul tavolo una decisione e di portarla in consiglio, dove saremo pronti a fare la nostra parte».

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