Busto in zona rossa: lockdown ma non troppo. E i commercianti resistono

BUSTO ARSIZIO – Primo giorno in zona rossa per una città che si ferma ma non troppo. E prova a resistere ad una nuova prova non semplice. C’è visibilmente meno gente in giro, ma niente a che vedere con il “deserto” del lockdown di marzo-aprile. Stavolta a Busto Arsizio si continua a lavorare e ad andare a scuola, oltre che a passeggiare con i cani e a fare la spesa nei supermercati e nei negozi alimentari e di beni di prima necessità, e anche il mondo del commercio si sta facendo trovare già pronto per adeguarsi alle prescrizioni del Dpcm, che consentono l’asporto nel settore della ristorazione. Le code si vedono praticamente solo fuori dagli uffici postali, i pullman transitano vuoti (le scuole superiori sono in didattica a distanza) e a vegliare sulla “zona rossa” ci sono i mezzi delle forze dell’ordine e della polizia locale.

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La creatività

Sono diversi i ristoranti, ma anche i bar, le pasticcerie e le gelaterie, che si sono subito organizzati per l’asporto e la consegna a domicilio. Porte aperte nei locali per l’asporto, ma c’è anche chi ha predisposto un banchetto all’ingresso per un servizio in stile “drive”. Come già quando è scattato il coprifuoco, la creatività la fa da padrona: c’è chi si ingegna, proponendo nuove ricette o nuove opzioni (dai menu d’asporto a panini e piadine con ingredienti a scelta), e c’è chi aspetta, e ha preferito fare un giorno di pausa per organizzarsi e prendere le misure. E sono diversi i “riders” delle compagnie di delivery che si possono incrociare, soprattutto per le vie del centro, in sella alle biciclette con i borsoni termici sulle spalle per le consegne a domicilio, oppure in attesa fuori dai locali.

Chi chiude

Ma nella ristorazione c’è anche chi ha preferito abbassare del tutto la saracinesca, preferendo aspettare la fine del lockdown. Così come rimangono chiusi, per decreto, tutti gli esercizi commerciali, come abbigliamento, arredamento e gioiellerie, che non fanno parte dei settori considerati essenziali. E che in molti casi si stanno organizzando con i siti web, i social e con whatsapp per continuare a servire la propria clientela anche con le consegne a domicilio. Sono “salve” invece le librerie, che alla vigilia del lockdown la vicesindaco e assessore al commercio Manuela Maffioli aveva visitato una ad una, in segno di solidarietà per chi tratta «il cibo dell’anima», e che invocavano, in caso di stop, la possibilità di effettuare anche per i libri le consegne a domicilio. In ambito culturale hanno invece dovuto chiudere i battenti i musei, palazzo Cicogna e il Tessile.

L’appello bipartisan

«Non cambiamo abitudini. Sosteniamo i negozi e pubblici esercizi della città» l’appello sui social dell’assessore Maffioli. Anche la capogruppo del PD, Valentina Verga, si unisce: «Compriamo con l’asporto o scegliamo la consegna a domicilio. Diffondiamo il più possibile questo messaggio, ognuno di noi nel suo piccolo può fare la differenza».

Lo strano lockdown della Zona Rossa. Negozi chiusi? No, (quasi) tutti aperti

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