Calcio e resistenza, Fontana di Gallarate racconta le storie “Oltre i 90 minuti”

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GALLARATE – «Non si tratta solo di un carrozzone mediatico, il pallone può essere anche uno strumento educativo». È questo il pensiero di Francesco Fontana, autore di “Oltre i 90 minuti – Storie di resistenza nel calcio”: con il suo libro, uscito a ridosso della prima quarantena, ha messo in luce – e analizzato – figure e vicende legate a questo sport forse meno note, ma dal forte significato sociale.

Uno strumento educativo

«All’origine di “Oltre i 90 minuti” c’è la tesi per la mia laurea triennale, che scrissi figurandomela già come se fosse un libro», ha spiegato Fontana, educatore professionale che si occupa di sostegno ai ragazzi in difficoltà, spazi di aggregazione e progetti con adolescenti. «Dietro ci sono tanti spunti ed esigenze personali, in particolare quella di una legittimazione: sono appassionato di calcio e, quanto a idee politiche, ho sempre teso a un orientamento di sinistra, che emerge tra le pagine». Lo scrittore di Crenna è andato a scovare storie che potessero raccontare il pallone come strumento pedagogico ed educativo, dalla forte valenza sociale: «Tra gli obiettivi che mi sono posto il più ambizioso è fornire, illuminando certe aree, un po’ di consapevolezza a chi, giocando, allenando o semplicemente parlandone, si approccia a questo sport».

Dal Raio Vallecano al calciatore filosofo

“Oltre i novanta minuti” è suddiviso in tre capitoli: «Nel primo racconto storie legate al calcio professionistico come quella del Raio Vallecano, terza squadra di Madrid e agli antipodi per filosofia e budget rispetto a Real e Atletico. O del Red Star Football Club di Parigi, che milita in serie B, e di come si distingua dal Paris Saint-Germain; o, ancora, del St. Pauli di Amburgo, ma anche di atleti come Deniz Naki, giocatore curdo sospeso e oggetto di aggressioni per le sue critiche a Erdogan o il calciatore filosofo Luca Mora». Mentre nella seconda parte del libro i casi esposti vengono analizzati a livello sociologico e pedagogico, «l’ultima sezione è dedicata alle testimonianze dirette delle realtà amatoriali – calcistiche, giornalistiche ed educative – che usano questo sport come strumento formativo».

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Il caso Aldrovandi e gli ultras di Ferrara

La storia che Fontana cita di più, «forse la prima che ho scritto», è quella su Federico Aldrovandi. «Anche se solo virtualmente, ho avuto la fortuna di conoscere i suoi genitori Lino e Patrizia, un vero esempio di dignità e forza nonostante l’infamia che hanno subito. La vicenda che racconto mi ha colpito profondamente e riguarda una categoria della quale non ho elementi per dire bene o male, però c’è un dato di fatto: l’unico movimento che ha denunciato l’ingiustizia proprio il giorno dopo l’omicidio di Federico sono stati gli ultras di Ferrara, con il bandierone con sopra il suo volto. La cosa curiosa è che, a distanza di anni, in più stadi italiani è stato multato come provocatorio per le forze dell’ordine. Nella partita Roma-Spal non è stato permesso esibirlo. Questo dà un po’ il senso del libro, e cioè che il calcio è un fenomeno che va oltre i novanta minuti e spesso descrive una società: il caso Aldrovandi parla di sue zone d’ombra ancora molto grosse».

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