L’associazionismo del borgo di Busto in mostra alla Capitolare

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BUSTO ARSIZIO – L’unione fa la forza. Questa la parola d’ordine della mostra sulle “Forme di associazionismo nel borgo di Busto Arsizio” alla biblioteca Capitolare di via Don Minzoni fino al 7 luglio. In vetrina, carte, registri, disegni, fotografie e altri documenti d’archivio dall’inizio del 1200 fino alla metà dell’Ottocento. E il filo che lega i documenti non è una generica successione cronologica ma l’associazionismo appunto «cioè – spiega il direttore della Capitolare Franco Bertolli – la capacità dei bustocchi di fare squadra in vista di alcuni obiettivi da conseguire e di fatto conseguiti in campo sia civile sia religioso. Da qui il titolo».
Si tratta di una mostra alquanto interessante che ricopre quei seicento anni in cui Busto Arsizio porta e conserva il titolo di borgo che è riuscito a guadagnarsi. Poi nel 1864 gli viene affibbiato l’appellativo di città. L’esposizione privilegia soprattutto la parte più lontana, meno nota, meno studiata. Si può visitare il sabato, domenica, martedì, mercoledì e venerdì dalle 15 alle 19. A far da cicerone lo stesso direttore Bertolli. L’ingresso è gratuito. Ai visitatori viene regalato un opuscolo dettagliato, realizzato in collaborazione con il Comune, sulla storia di Busto appunto dal 1200 al 1800.
Tre gli scopi dell’iniziativa: «Primo, la scoperta di un importante documento del 1230 dove si assegna a Busto Arsizio il nome “borgo” – prosegue Bertolli – Secondo, intende valorizzare gli ultimi lavori di inventariazione minuziosa effettuati dal personale che opera e anche alcune scoperte fatte in altri archivi, ad esempio quello di Stato di Milano e quello storico diocesano. Terzo e non ultimo, la mostra s’inserisce nelle iniziative celebrative della prossima festa patronale della città».

A spasso per la Capitolare

Cinque sono le sezioni: La qualifica di borgo, Il Comune di Busto Arsizio, Chiese e monasteri, Parrocchie e fabbricerie, Associazioni laicali ed enti civili e Associazioni parrocchiali.
Il primo documento che fa bella mostra di sé è una pergamena lunga un metro, esposta ovviamente a spezzoni, che attesta la qualifica di borgo, nome che mantiene fino al 1864 quando un decreto di Vittorio Emanuele II gli assegna il titolo di città. In alcune vetrine si allineano gli elementi del borgo, i consoli, il consiglio comunale, statuti e regolamenti. Richiede una tappa il registro della decima del 1399, repertorio imprescindibile per verificare la presenza a Busto degli elementi caratterizzanti il borgo. Da notare l’annessione di Busto alla pieve di Olgiate Olona sotto il profilo sia civile sia ecclesiastico. Si parla di 40 proprietari bustocchi con il cognome Crespi, 25 con il cognome Lupi, più di 10 Pozzi, Tosi, Burigozzi, Gallazzi, Candiani. Si parla anche di strutture civili supplementari come la pretura, il mercato, due mulini sull’Olona. Non mancano gli stemmi araldici con la doppia B e l’agnello vittorioso.
Una puntatina che rende orgogliosi gli abitanti va fatta anche sul documento a firma di Antonio Crespi Castoldi in cui si parla dei bustocchi come “gente assuefatta da sempre alla fatica, nel coltivare la terra e nell’esercitare industria e commercio. Fu sempre amantissima della patria, non abbandona costumi e dialetto. Un dialetto quasi barbaro con le finali prolungate e le sincopi frequenti. Un popolo amante della religione e propenso a opere di pietà. Raramente i bustesi vanno a rissa, accolgono con liberalità gioconda i forestieri, sono faceti e, punzecchiati, rispondono giocosamente. Come non provocano nessuno, così non vogliono essere provocati impunemente”.
Fanno bella mostra di sé anche piante che ricostruiscono le chiese di Santa Maria, San Giovanni, San Michele e quelle minori di Sant’Antonio, San Rocco, Santa Croce, Madonna in prato, San Gregorio, Cascina dei poveri e la Veroncora. Poi i monasteri femminili, le parrocchie le fabbricerie. Concludono la mostra le associazioni laicali e gli enti civili con consorzi, la scuola dei poveri, congregazioni di carità e confraternite parrocchiali. Insomma una mostra da non perdere per chi vuole conoscere le nostre radici e gli appassionati di storia locale.

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