Carignola (PD): «Zanzi non appoggia Galimberti? Ce ne faremo una ragione»

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Luca Carignola (a sinistra) e Davide Galimberti

VARESE – «Daniele Zanzi non appoggerà Galimberti al ballottaggio? Ce ne faremo una ragione». Lo afferma Luca Carignola, segretario cittadino del Partito Democratico che interviene a seguito delle prese di posizione dell’ex vicesindaco Daniele Zanzi e del gruppo di riferimento di Varese 2.0. «Perché – dice Carignola – è facile addossare tutte le colpe ai partiti in questo momento, ma la realtà è ben diversa da quella raccontata».

Luca Carignola, Zanzi non ha mai fatto nomi e cognomi. Nemmeno il suo, ma è piuttosto chiaro che, in quanto segretario del Pd di Varese, può essere annoverato tra i pretoriani del sindaco. Quindi tra i mandanti dell’espulsione. Perché avete deciso di azzerare Varese 2.0? 
«Pretoriani? (Sorride Carignola). Dai non scherziamo. Per spiegare quanto avvenuto non serve alcuna dietrologia. La realtà è che l’atto finale è stato la naturale conclusione di un processo di allontanamento non certo determinato dal PD né tanto meno dal sindaco. Semmai una scelta dolorosa. Necessaria a questo punto, ma sofferta».

Eppure gli indizi che fanno una prova non mancano. Il più eclatante “lo scippo” del consigliere Crugnola passato da Varese 2.0 alla lista del sindaco. Quindi? 
«Quindi bisognerebbe chiedere a Zanzi il motivo per cui lui ha litigato con il suo ex consigliere e come mai Crugnola ha fatto la sua scelta. Guardi, non c’è stato alcuno scippo».

Però l’aut l’aut l’avete imposto. Almeno su questo converrà con i 2.0? 
«Da tempo ci siamo sentiti dire che non c’era più condivisione, soprattutto su una serie di punti programmatici strategici. E che Varese 2.0 non avrebbe sostenuto Galimberti alle prossime elezioni. Ecco davanti a queste prese di posizione, nel momento in cui si stiamo lavorando per costruire il progetto del prossimo mandato, credo che si debbano tirare anche delle conclusioni. Non l’ha fatto Zanzi, l’abbiamo fatto noi, non come partito, ma come coalizione».

La coalizione Galimberti, appunto. Quella che ha vinto e quella che correrà per tentare il bis a Palazzo Estense. Quest’ultima è parecchio cambiata rispetto all’origine e il modo in cui l’ha fatto non è piaciuto ai civici di Varese 2.0. I quali hanno visto un mutamento di percorso in questo, non crede?
«In politica contano i fatti. Se Zanzi fosse stato davvero contrario a quelle che sono normali dinamiche della politica, avrebbe dovuto dimettersi. Invece non l’ha fatto. Da quel che mi par di capire l’unico “disegno” che vedo è la sua candidatura a sindaco».

Perché?
«Possibile che una persona si candidi a sindaco solo per reazione? Mi sembra una motivazione debole. A meno che l’idea non l’avesse già in testa».

In realtà, Zanzi, ma anche gli altri rappresentanti di Varese 2.0, sono stati chiari: “Andiamo da soli e non faremo da stampella a nessun partito perché siamo i veri civici della città”. Insomma una scelta coraggiosa e di coerenza verrebbe da dire, non crede?
«Questa competizione a chi è più civico come se fosse un concorso a premi non mi appassiona. Primo perché il verdetto lo darà il consenso elettorale e lì vedremo quanto ne avrà Varese 2.0 e quanto altre componenti che, con altrettante valide ragioni, dicono di essere civiche. Secondo perché nella coalizione che sostiene Davide Galimberti ci sono differenti realtà che provengono dalla società civile e che hanno all’interno della squadra pari dignità».

Alcune di queste componenti però, a conti fatti non poche, le avete perse cammin facendo. Quanto queste defezioni hanno sbilanciato a favore del partito la coalizione? 
«Zero. Anzi. Abbiamo perso singoli elementi, ma altri gruppi e realtà espressione del civismo si sono avvicinati al nostro progetto e iniziato un percorso di condivisione. A dimostrazione che la buona amministrazione è un valore che aggrega».

Discorso che a questo punto non vale per Varese 2.0. Che al contrario ha già detto: “Niente appoggio a Galimberti in caso di ballottaggio”. Rottura insanabile che preoccupa? 
«No. Direi una scelta non nostra, ma della quale ce ne faremo una ragione».