Istanbul e Barcellona: la cavalcata Champions di Carlo Pellegatti

Storie di grande Milan con il supremo cantore rossonero, Carlo Pellegatti. Il grande giornalista Mediaset, popolare volto e opinionista televisivo anche a Telelombardia e TopCalcio24, ha raccontato le grandi cavalcate europee della squadra rossonera. Una cavalcata sentimentale con la voce storica più autorevole di quel grande Milan.

La Champions a cui lei è più legato?

Quella del 2003 con la finale di Manchester contro la Juventus. Una cavalcata incredibile piena di ostacoli. Ai quarti di finale l’Ajax con il gol in extremis, poi il derby con l’Inter, una partita di tensione pazzesca e poi i rigori con la Juve. Anche l’ultima del 2007 ha un grande valore emotivo, ma quella del 2003 inarrivabile.

Quante volte pensó di non vincerla?

Ho temuto di non farcela due volte. Contro l’Ajax al minuto 78, al momento del loro pareggio a San Siro. Mancavano 12 minuti e ci serviva un gol per la qualificazione. E poi in semifinale nel derby quando a pochi minuti dalla fine Abbiati si è superato su Kallon salvando la qualificazione.

Dal punto di vista estetico la più bella?

Quella del 4-0 col Barcellona fu straordinaria, ma paradossalmente la più bella esteticamente è stata quella persa con il Liverpool. 84 minuti straordinari. Nei primi 45 minuti col Liverpool si è visto un Milan fantastico: certamente la sconfitta più immeritata in assoluto.

I festeggiamenti dei giocatori del Milan tra primo e secondo tempo sono leggenda metropolitana o c’è qualcosa di vero?

Leggendissima metropolitana. Il problema è che c’è qualcuno che lo dice e poi altri che lo ripetono, ma non ci fu alcun festeggiamento. Figuriamoci se giocatori esperti come quelli festeggiassero tra primo e secondo tempo di una finale di Champions. Vi immaginate Maldini e Gattuso festeggiare prima della fine? Altra leggenda metropolitana che io avessi festeggiato alla fine del primo tempo. Non mi lascio andare quando mancano pochi minuti alla fine, figuriamoci con tutto un tempo ancora da giocare.

I 5 giocatori “Champions” del Milan?

Cinque sono pochi. Facciamo uno strappo e citiamone almeno sette. Direi Rivera, protagonista delle prime due, Baresi per il Milan di Arrigo Sacchi. Non si può non inserire Savicevic per quella straordinaria finale e poi Shevchenko e Inzaghi. Non possiamo non citare Maldini, che ha alzato da capitano la Coppa 40 anni dopo papà Cesare e Kakà.

Carlo, la sconfitta più bruciante?

Quella di Istanbul contro il Liverpool: una sconfitta che definirei esoterica, una sconfitta illogica per quello che era successo sul campo nel primo tempo. Ma gli Dei del Calcio evidentemente avevano deciso altrimenti. Una sconfitta ingiusta è stata quella contro il Marsiglia perché il Milan in quella edizione aveva giocato 10 partire vincendole tutte, segnando 23 gol e subendone uno solo. Una squadra straordinaria che avrebbe meritato di vincere quella competizione.

Marsiglia un po’ bestia nera del Milan in quegli anni. C’era già stata un’eliminazione precedente…

Una sconfitta normale nello sport, con un epilogo un po’ burrascoso, ma il Marsiglia nelle due partite aveva giocato complessivamente meglio. Non ho rimpianti per quella eliminazione. Non era più il Milan del primo Sacchi.

Belgrado è stata una tappa decisiva nella storia del Milan. Benedetta nebbia si può dire?

La Stella Rossa era una grande squadra: nella gara di ritorno, quella famosa per la nebbia, giocò meglio di noi. All’inizio c’era solo foschia. Poi a un certo punto è come se qualcuno dall’angolo con una pala avesse buttato giù nebbia in continuazione. In un quarto d’ora non si vedeva più nulla. Il giorno dopo era tutto un altro Milan. Baresi ha giocato davanti alla difesa. Vincemmo ai rigori, ma stava meglio il Milan e si vinse con merito. Senza quella nebbia sarebbe cambiata la storia del Milan non solo quella competizione. Una partita esotericamente positiva, il contrario della gara di Istanbul.

Quell’anno il Milan fu leggendario con il Real. I tifosi madridisti come guardavano quella squadra?

Guardarono il Milan con grande ammirazione. È una leggenda in Europa. L’alone del Milan non lo ha mai raggiunto nessuno in Italia come atmosfera internazionale, anche chi ha fatto Triplete senza voler offendere nessuno. Ma ora il Milan deve onorare quella storia.

L’avversario più grande in Champions?

Johan Cruijff. Un grande giocatore che ha indossato per una volta a un Mondialito anche la maglia rossonera.

Lei che è maestro di soprannomi, quali sono quelli a cui è più affezionato?

Ce ne sono tanti: Collo d’Acciaio Hateley, Shevchenko Vento di Passioni, Alta Tensione Inzaghi, Ibra Supremacy, Mahatma, la grande Anima Rossonera, Franco Baresi.

La squadra avversaria più dura?

Direi l’Ajax del ’95. Ci aveva già battuto nei gironi. Poi perdemmo anche la finale. Facemmo una partita di grande sacrificio, ma ricordo un grande Ajax. Una squadra in quel momento superiore al Milan.

Allenatore della Champions?

Rocco è stato il primo a vincere: un allenatore di grande spessore. Ma non si possono non menzionare tutti quelli che hanno vinto. Il primo Milan delle due erre: Rocco e Rivera. C’è Il Milan degli immortali, quello degli invincibili e dei meravigliosi. Sacchi, Capello e Ancelotti.

È leggenda anche la storia di Sacchi e Van Basten con l’allenatore che disse a Berlusconi di scegliere tra lui e l’olandese?

Rispondo come disse Adriano Galliani qualche giorno fa a chi glielo ha chiesto. “Mi consenta la facoltà di non rispondere”, vista l’amicizia che lega Galliani a Sacchi.

Alla vigilia della finale col Barcellona, Capello cosa disse ai giocatori?

Non credo disse molto, fece vedere sicuramente la foto dei giocatori del Barcellona che posavano in piscina con la coppa. Il Milan però ha vinto la Coppa nell’amichevole di Firenze. Giocó una partita pessima: un Milan totalmente dominato. Capello, considerando le squalifiche di Costacurta e Baresi, aveva provato Desailly al centro, ma lì non ci voleva giocare. Lui lì però non ci voleva giocare. Io mi avvicinai a Capello per intervistarlo e gli chiesi un giudizio sulla partita e lui rispose…”no no, ho capito tutto, ho capito tutto, ho capito tutto”. Come fa lui. Spostò Desailly davanti alla difesa e il Milan vinse. La vincemmo in quell’amichevole disastrosa di Firenze.

Ben altra atmosfera prima della gara con la Steaua?

La Romania si trovava un una situazione complicata. Cedettero al Milan una quota dei loro biglietti. Andammo a Barcellona con due treni, 600 pullman, una nave, 10.000 automobili, 36 voli charter. Circa 90.000 persone. il più grande movimento pacifico di un popolo dopo Mosè. Non potevamo che vincere quella partita.

Il gol più bello e quello per il quale ha esultato di più?

Quello di Savicevic con il Barcellona secondo me il più bello; l’esultanza più grande invece per il gol di Inzaghi. Il rigore di Shevchenko di sicuro il più pesante. Ma l’azione più bella è stata quella che portó al gol di Pierino Prati dopo la poesia di Rivera.

Non lo ha potuto raccontare, ma traspare ammirazione per Rivera: che soprannome gli darebbe oggi?

L’ empireo platonico, che è il più alto dei cieli. Non c’è stato più nessuno come lui. Vedi qualcosa in Totti e in Kakà, però l’eleganza di Rivera è unica.

Il suo più grande rammarico durante il Milan berlusconiano?

In Italia secondo me Arrigo Sacchi avrebbe meritato uno scudetto in più. Il mio rammarico è per quello del 1990 vinto dal Napoli. Il secondo rammarico è per la Champions persa da Ancelotti a Istanbul. E poi c’è un terzo rammarico per Capello che perse la finale di Coppa del Mondo con il Velez Sarsfield. Non esiste al mondo aver perso con il Velez.

Carlo Pellegatti Milan-MALPENSA24