Caso Eni/Shell chiuso perchè “senza fondamento”, confermate 15 assoluzioni

MILANO – “Questo processo deve finire perché non ha fondamento“. Queste le parole con le quali il sostituto pg di Milano Celestina Gravina ha messo la parola fine al caso Eni/Shell Nigeria, rinunciando ad impugnare la sentenza di primo grado che ha assolto 15 imputati in via definitiva. La sua decisione è stata resa nota oggi in Tribunale a Milano, all’avvio dell’udienza. Il processo proseguirà solo in sede civile.

Si è concluso così uno dei più grossi processi per presunta corruzione del nostro Paese e che riguardava una presunta tangente da oltre un miliardo di dollari, che i due colossi del petrolio avrebbero versato al governo nigeriano, per accaparrarsi diritti di esplorazione. Il 17 marzo 2021, in primo grado, i quindici imputati sono stati tutti assolti “perché il fatto non sussiste”. Tra loro Claudio Descalzi, Ad di Eni, il suo predecessore Paolo Scaroni, l’ex capo divisione esplorazioni Roberto Casula, l’ex presidente Eni Nigeria Vincenzo Armanna, l’ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete, manager dei due colossi petroliferi e collaboratori. Oggi quella sentenza è stata confermata.

Un processo senza alcun elemento, parole dure ai pm

Secondo la pg Gravina, il processo non ha alcun fondamento per essere portato avanti, perché sarebbe stato un insieme di “insinuazioni buttate lì”, con una totale “insignificanza di elementi”, usati dalla Procura per sostenere una grave accusa di corruzione internazionale, conditi da “colonialismo morale del pm”. Durissimo quindi, l’attacco a chi avrebbe voluto vedere il processo proseguire in secondo grado.

Non ci sono prove di un accordo corruttivo, né del pagamento”, ha continuato Gravina nelle sue motivazioni, con la volontà di voler vedere, da parte dell’accusa, un atteggiamento colonialista da parte delle due società incriminate, che invece avrebbero favorito il prosperare della Nigeria stessa. Oltre ad aver accusato senza prove Eni e Shell, la pg sostiente che l’accusa abbia portato solo “chiacchiere e opinioni generiche che toccano i governanti degli ultimi 10 anni in Nigeria“.

L’avvio dell’indagine e il rinvio a giudizio

La richiesta di rinvio a giudizio fu firmata, nel 2017, dal Gip di Milano. Per Eni e Shell, per la loro responsabilità penale amministrativa, per 5 manager Eni, per il project leader per l’OPL245, per il capo della controllata Nigeria NAE, per 4 manager Shell, per Malcolm Brinded, l’ex ministro del petrolio della Nigeria e gli intermediari Luigi Bisignani (condannato in Mani Pulite e per l’inchiesta P4), per il console onorario italiano a Port Harcourt in Nigeria e per l’ex ambasciatore russo in Colombia.

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