“Tangentopoli non finirà mai”

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Siamo oppressi dall’ansia per il Covid. Non c’è scampo. L’ossessione dei numeri, l’incertezza dominante e la comprensibile paura del contagio ci assorbono a tutto tondo, finendo per relegare sullo sfondo situazioni che in altri momenti attirerebbero ben altra attenzione mediatica e non solo. E’ di queste ore la notizia che la procura della Repubblica di Busto Arsizio ha aperto l’ennesima inchiesta giudiziaria per una questione amministrativa, questa volta a Cassano Magnago. Sindaco, vice, un ex primo cittadino di Gallarate, assieme a un folto gruppo di altre persone sono indagati per presunti illeciti e altrettanto presunte irregolarità procedurali attorno alla realizzazione di un supermercato. Storia dai contorni ancora sfumati, che presuppone il dovere di verifiche e precisi accertamenti prima di trarre conclusioni o, peggio, giudizi. Bisognerebbe leggere le carte per capire, quanto meno per farsi un’idea su quanto viene contestato dal Pm Nadia Calcaterra, titolare dell’indagine. Ci sarà modo, tempo e luogo per scendere nei particolari e, eventualmente, arrivare alle conclusioni.

Sovviene però la considerazione che la magistratura non si muova a capocchia, ma su dati concreti, che prefigurano un possibile o probabile reato. Uno scenario che, al di là degli sbocchi giudiziari, finisce per accrescere la disaffezione della gente verso la politica. Vero, siamo tutti concentrati sul Covid, ma non possiamo nemmeno far finta di non accorgerci che alcuni contesti amministrativi e politici della nostra provincia continuino a produrre motivi di discussione. E di sconcerto verso un certo mondo. Fermo restando la presunzione di innocenza di ogni indagato che, fino alla sentenza definitiva, non può essere considerato colpevole. Proprio in questi giorni è tornata al centro della scena l‘inchiesta Mensa dei poveri, riproposta anzi, strombazzata ad alta voce, dal programma Report di Rai Tre e rilanciata in chiave corrosiva da quel diavolo di Maurizio Crozza. Protagonisti più o meno noti di una diffusa storia di malaffare, ammissioni pubbliche che ne confermano l’impianto, sospetti e connivenze addirittura con la ‘ndrangheta gettano ombre sinistre sul recente passato dei vertici di Comuni e, appunto, di settori della politica territoriale.

I processi devono essere ancora celebrati, ma le accuse trovano già inoppugnabili riscontri. Se il Covid mette a repentaglio la salute collettiva, Mensa dei poveri abbatte la fiducia in coloro che ci governano o, meglio, che ci hanno governato sinora. Per questo la nuova indagine aperta a Cassano Magnano non dispone per un rasserenamento rispetto alle istituzioni locali. I sindaci, gli assessori e i funzionari pubblici sono nella stragrande maggioranza persone perbene; purtroppo si portano appresso l’immagine  (e i pregiudizi) che negli anni hanno costruito frotte di loro colleghi che, con un eufemismo craxiano, definiremmo mariuoli. Ora, non sappiamo quali e quante irregolarità siano state commesse nel contesto cassanese, può anche essere, e ce lo auguriamo, che tutto si trasformi in una bolla di sapone. Al momento però nessuno può disconoscere l’effetto che fanno le perquisizioni della Guardia di Finanza in Municipio e gli avvisi di garanzia. Devastante.

Soprattutto se pensiamo a quanto serenamente dichiarato da Nino Caianiello, il principale indagato di Mensa dei poveri, a Report: “La politica ha un costo, Tangentopoli non finirà mai”. Come dire che la disonestà è una condizione imprescindibile della politica. Dovessimo dargli ragione, potremmo chiudere baracca e burattini e decidere di andare a vivere in Patagonia. Ma preferiamo credere che le epidemie, sia quelle sanitarie sia quelle comportamentali di certi politici, non siano eterne. E nessuno, nonostante tutto, ha il diritto di alzare bandiera bianca. Specialmente davanti ai mariuoli.

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