Cerro Maggiore, nuova proprietà vuole liquidare Panalpina: insorgono i lavoratori

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CERRO MAGGIORE – «Siamo qui a denunciare la situazione surreale di una multinazionale che vuole comportarsi in modo anomalo e sbagliato, oltre che illegale». Jorge Torre, segretario generale della Camera Del Lavoro del comprensorio Ticino Olona, spara a zero sul colosso danese della logistica DSV che, dopo aver acquisito per 4,5 miliardi di euro la società svizzera del settore Panalpina (14.000 dipendenti nel mondo), ha comunicato di volerla liquidare: a rischio ci sono in Italia 155 lavoratori, il grosso dei quali (90) nella sede di Cerro Maggiore, dove si temono ricadute anche per altri 45 operai del magazzino appaltato a un consorzio di cooperative.

Torre: «No a spezzatino trattando lavoratori come carne da macello»

«La liquidazione del centro logistico di Cerro – spiega Jorge Torre – comporterebbe ricadute occupazionali negative che si collegano ad altre crisi aziendali sul territorio: le operazioni di passaggio dei lavoratori alla nuova società sarebbero gestite ad personam secondo le sue convenienze. È un modo di operare che bypassa le leggi nazionali. DSV vuole procedere a uno spezzatino, facendo carne da macello dei lavoratori e procedendo a licenziamenti collettivi. Invece deve procedere a una cessione del ramo d’azienda e poi affrontare la discussione sulla fusione delle due società e la possibile riorganizzazione interna, come prevedono le procedure dell’ordinamento italiano. C’è tutto il tempo per farlo. Nel frattempo, è partito lo sciopero degli straordinari e venerdì 15 novembre convocheremo un’assemblea con tutti i dipendenti. Coinvolgeremo anche le amministrazioni locali per fare pressioni e non escludiamo azioni legali». «Ci opporremo in ogni modo – rincara Nadia Ferracini, segretario generale FILT Ticino Olona, affiancata dal funzionario Juri Sbrana – a una logica di mero profitto che vuole applicare ai lavoratori il metodo del “tu sì, tu no”».

RSA: «Già portate via 40 postazioni di lavoro, è intimidazione»

cerro maggiore panalpina cgilPotenza dei trasporti per via aerea (mentre DSV lo è su gomma e via mare), Panalpina è presente a Cerro dal 2008, ma l’anno scorso ha festeggiato a Malpensa il traguardo degli 80 anni. Ha chiuso l’ultimo bilancio con un utile di 1.320.000 euro (il che ha reso ancora più appetibile il suo acquisto) e vanta un eccezionale portafoglio clienti, a cominciare dai marchi di moda Armani, Burberry, Gucci, Bulgari e Tally Weijl, che da sola occupa quasi la metà del magazzino di Cerro per rifornire 600 negozi nel Sud Europa. «Tutti clienti – lamentano i delegati aziendali Sara Bazzocchi (RSA Panalpina) e Nino Baudo (RSA Panalpina e Segreteria territoriale FILT), nella foto sopra a destra di Torre – che si prenderà la nuova proprietà, quindi anche i lavoratori devono rimanere. Si deve aprire una nuova contrattazione, non liquidare facendo tabula rasa. DSV ha già portato via 40 armadi, sedie e scrivanie: è una intimidazione nei confronti dei lavoratori, smontano gli uffici prima ancora di avviare la procedura».

Un settore florido in mani straniere

Ad oggi, tre grossi gruppi stranieri (DHL, Kuehne+Nagel e Schenker) hanno acquisito tutti i maggiori gruppi di corrieri in Italia. Come ha dimostrato con l’acquisto di Panalpina, DSV dispone di buona liquidità: qualche anno fa acquisì Saima (partner per la logistica della Formula1, dell’Esercito Italiano e di Fiera Milano), che a sua volta aveva acquisito Avandero. Sul piano occupazionale, a carico di DSV ci sono precedenti poco edificanti: nel 2015 acquisì la statunitense UTi Worldwide, subito dopo la liquidò e riassunse solo la metà dei dipendenti, azzerando benefit e anzianità e livellando al ribasso i contratti. Proprio quello che ora si vuole scongiurare a Cerro.

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