Riccardo Minali: “Senza squadra a metà novembre, non me lo merito”

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“La speranza è l’ultima a morire”. Su questa considerazione si chiude la chiacchierata con Riccardo Minali, 25enne figlio d’arte (papà Nicola era uno dei pochi velocisti a tener testa a Cipollini) che dell’illustre genitore ha ereditato le caratteristiche da ciclista ma, per adesso, non il palmarès. Dopo aver debuttato tra i professionisti con un biennio in Astana, nel quale ha portato a casa due vittorie di tappa al Tour de Langkawi 2018 e diversi piazzamenti in volata in giro per l’Europa, l’anno scorso è sceso di categoria: prima Israel Cycling Academy, poi Nippo Delko Provence. Finché, al termine di un’annata strana per tutto il mondo (non solo del ciclismo, e non solo dello sport) sta vivendo un periodo ulteriormente “strano” a livello personale.

«A metà novembre mi ritrovo senza squadra – rivela Riccardo -. Non voglio credere che sia finito tutto e non credo di meritarmelo. Non voglio criticare la scelta della Nippo, ma sono sempre stato uno forte di testa, ho fatto il primo lockdown “pancia a terra” e non ho mai mollato, ero molto motivato a rientrare e andar forte. Già per un velocista è difficile: o qualcuno lo aiuta o è lui ad aiutare. E io sono stato messo in secondo piano, tranne nell’ultima corsa in Portogallo (Volta a Portugal dal 27 settembre al 5 ottobre, ndr) dove ho fatto vedere di esser migliorato in salita e di andar forte in volata. Poi vincere non è mai facile, ci sono mille incognite: ok non ho sono arrivato primo, ma secondo e terzo sì».

E al Tour de Langkawi di quest’anno, a febbraio, hai fatto un secondo posto sotto le Petronas Towers (beffato solo da un fortissimo Max Walscheid della NTT, che ti fece pure i complimenti) e due quarti posti. Insomma, la tua mancata conferma alla Nippo Delko è una questione di centimetri?
«Non penso sia questo. Capisco se fossimo tra i top team mondiali, ma per una bella realtà di livello medio come la Nippo Delko pensavo che i miei risultati fossero meritevoli di una riconferma. Ma hanno scelto il contrario: dopo il Portogallo avrei dovuto correre in Francia, ma niente… Forse vincendo qualche tappa poteva cambiar qualcosa? Non potremo saperlo. È un mondo strano in cui bisogna cogliere il momento giusto e le persone giuste. Puoi trovare quello che ti guarda in giornata no, e allora puoi anche vincere in solitaria ma lui dirà “Sì, va beh, tanto…” mentre invece magari vinci di fortuna con gli altri che cadono, e chi ti guarda poi ti valorizza».

Come stai vivendo questo periodo? E tuo papà che stravede per te e tuo fratello Michael?
«Papà non dico che stia peggio di me, ma la sta vivendo male. Se io fossi uno che va piano, senza piazzamenti, sarei il primo a dirti “ok dai troviamo un’altra strada, il mondo è vario e posso trovare qualsiasi cosa” ma è un fatto di principio, è la seconda volta che mi trovo in una situazione ingiusta (l’anno scorso ha passato diverse settimane da svincolato dopo essere rimasto fuori dalla Israel, prima di trovare l’accordo con la Nippo, ndr). Ormai sono abbastanza formato e ho carattere. Noi siamo sempre stati abbastanza ottimisti, io lo sono per natura. Ma in un momento storico del genere c’è poco da esserlo».

Non ti ha contattato nessuna squadra finora?
«Non concretamente. E in questo periodo i contatti campati in aria portano più al no che al sì. Trovare squadre ora è difficile e la cosa un po’ mi spaventa».

Ti stai preparando nel caso un “Piano B”?
«Nella mia vita non ho mai studiato per davvero: a suo tempo ho fatto scelte sbagliate perché pensavo di avere una carriera avviata e non ho completato gli studi di ragioneria. Dopo l’esperienza dell’anno scorso, però, mi sono detto “la scuola mi serve” e quando ho firmato con la Nippo per un solo anno ho anche ripreso ragioneria e questo settembre ho conseguito la maturità. Penso di essere abbastanza intelligente e me la cavo, alla fine ho preso la il diploma giusto per averlo, passando con 60. Quando l’ho preso mi sono chiesto “vado o non vado all’università?” Alla fine mi sono iscritto all’università telematica, facoltà Scienze Motorie… e mi piace! Contrariamente a prima, ho scelto qualcosa che mi interessa e mi offrirebbe sbocchi per restare nel ciclismo. Ho appena dato il primo esame, voto 26. Per me è qualcosa di importante, sono orgoglioso. In tutto questo sono stato supportato dall’insistenza di mia mamma e della mia ragazza».

Ma ti stai anche continuando a preparare per il ciclismo?
«Certo! Mi sto allenando come se ad aprile ci fosse un Mondiale. È già due settimane che lavoro sulla bici. Qua vicino da me c’è un gruppetto di professionisti che mi prendono in giro per come sto lavorando intensamente. Mi dicono “Siamo solo a metà novembre, eh”. Sì, però io ho smesso da oltre un mese e non ho squadra. Fino al 31/12 sono un professionista pagato per fare questo. Se entro quel momento non avrò trovato una squadra, sarà una delusione e ci starò male. Proverò a mettermi l’anima in pace, ho imparato che il ciclismo non è tutto nella vita.Ma per me è tanto, sarà difficile ripartire, nel caso».

Insomma, non si molla niente qua.
«L’ho dimostrato in bici, penso di poter ancora dare tanto a questo sport»

Ti auguriamo di trovare il team giusto per poterti rilanciare, e infine ti chiediamo: in un futuro ti rivedresti nel World Tour?
«Più corro e stresso il mio fisico, più vado veloce. Non ho mai partecipato a un grande giro, ma nelle corse da 8-9 giorni che ho fatto mi sono reso conto che, se nelle prime battute non muovo quasi la bici, negli ultimi 2-3 giorni tiro fuori dei valori quasi mai avuti prima. Per questo, se posso, spesso e volentieri mi faccio 3 ore prima della corsa per andar forte. Ad esempio, se uscito da Portogallo avessi avuto subito altre corse sarei andato fortissimo. Sì, con un calendario denso e fitto, penso di potermi ritagliare un posto in una World Tour».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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