Luca Colnaghi riabilitato: non era doping, solo una negligenza

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La fine di un incubo, la riabilitazione e la conferma di aver commesso una leggerezza e non una violazione ben più grave. La Seconda Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping ha inflitto a Luca Colnaghi una sanzione di tre mesi di squalifica, per altro già scontata, in merito al caso di presunta positività a andarina, ostarina e suo metabolita, sostanze contenute in un integratore a base di chetoni.

L’avvocato Davide Goetz, che con il professor Pierluigi Matera ha difeso il corridore lecchese, spiega: «Si tratta, in pratica, di un’assoluzione, la conferma di una sanzione di tre mesi già scontati è correlata ad una semplice irregolarità dovuta alla negligenza di non aver dichiarato l’uso di questo integratore ai controlli. L’atleta non l’aveva fatto solo perché lo riteneva del tutto irrilevante e ricordo che il consumo di questo integratore era avvenuto alla luce del sole, Colnaghi era addirittura sponsorizzato e in quei giorni pubblicava le foto con l’integratore incriminato, più trasparente di così non si potrebbe. Questo prodotto era contaminato, si tratta di un episodio che rientra in una casistica internazionale inquietante».

Perché inquietante?
«La produzione dell’integratore viene affidata a laboratori che trattano anche SARM, per cui capita che le analisi diano conto di tracce, ma si tratta di valori infinitesimali. All’estero – e mi riferisco a Paesi come gli USA o il Canada – trattano questi episodi come giuridicamente irrilevanti, di cui gli atleti sono vittime. In Italia, per la mera presenza, senza alcuna valutazione seria e professionale, all’atleta viene contestato il doping. Luca Colnaghi aveva appena vinto due tappe al Giro d’Italia, vestiva la maglia rosa e aveva in mano un importante contratto da professionista: per lui la Procura aveva chiesto 4 anni ma le perizie hanno dimostrato scientificamente che si trattava di contaminazione, senza alcun effetto dopante, ed il Tribunale ha colto questo punto che abbiamo chiaramente dimostrato».

Una riflessione sorge spontanea: come è possibile che la Procura Nazionale Antidoping abbia chiesto il massimo della pena per un ragazzo, un atleta azzurro di livello internazionale, senza provare a distinguere chi si dopa e chi imbroglia da chi invece non lo fa?

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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