Coronavirus: le precisazioni di Busto sui bar fanno scoppiare la rabbia dei sindaci

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BUSTO ARSIZIO – Palazzo Gilardoni fa un distinguo sui bar che possono tenere aperti anche in tempi di coronavirus oltre le 18 e scoppia la polemica. L’obiettivo era fare un po’ di chiarezza. Il risultato è stato il caos. In molti comuni sindaci e amministratori si sono ritrovati a gestire una questione che l’ordinanza regionale sulla limitazioni per il coronavirus aveva già di fatto risolto.

Le precisazioni

Ieri, martedì 25 febbraio, Palazzo Gilardoni diffonde una nota di precisazione su chiusura e apertura dei bar. Questione piuttosto controversa in tempi di licenze unificate e codici Ateco. Ma quel “verranno considerati rispettosi dell’Ordinanza tutti i pubblici esercizi che, in presenza di tavoli, dalle ore 18 di ogni giorno effettueranno esclusivamente servizio al tavolo, come fanno i ristoranti”, ha forse risolto qualche caso controverso in città, ma aperto una falla sul resto del territorio. Dove invece sindaci e amministratori hanno imposto la chiusura a tutti i bar. Anche a quelli con servizio al tavolo. «Perché l’ordinanza, se letta e applicata alla lettera, parla di bar. E noi ci siamo mossi in tal senso non avendo alcuna precisazione ufficiale». Con qualche lamentela e sostanziale rispetto da parte di tutti. Finché Busto non ha diramato la nota.

Il caso e il caos

Sono diversi i sindaci dei Comuni della zona attorno a Busto, ma anche di altri paesi della provincia che hanno giudica poco cauta l’uscita di Palazzo Gilardoni. E che manifestano una serie di dubbi, «dopo – racconta un primo cittadino – aver discusso a lungo con qualche nostro esercente che, a quel punto giustamente, non sapeva più cosa fare».

Dubbi che al momento non hanno risposte ufficiali e che continuano ad agitare chi ha un’attività e, in regime d’emergenza, deve già fare buon viso a cattiva sorte. «Ma chi ha preso quella decisione? – chiedono gli amministratori – Il sindaco di Busto Antonelli e l’assessore al Commercio Maffioli in autonomia, oppure si sono prima consultati con Prefettura e Regione e hanno avuto risposte in tal senso? E se così fosse, perché la comunicazione non è passata dai canali ufficiali e non è arrivata anche a noi?». Ma c’è anche chi dettaglia ancor di più il proprio risentimento per quella che è stata vissuta come una mancata condivisione su norme che «dovrebbero interessare tutto il territorio e non solo Busto. L’emergenza non ce l’hanno solo loro.  – dice qualche sindaco – Ora speriamo che arrivi qualche chiarimento sul perché sindaco e assessore hanno diffuso quell’indicazione. E auspichiamo anche che sia stata concertata con la Prefettura, altrimenti sarebbe davvero il colmo dal momento che Antonelli è anche presidente della Provincia e il Prefetto svolge la sua attività nel medesimo palazzo istituzionale».

Ambulanti in difesa di Rogora

Altro fronte aperto è quello dei mercati e degli ambulanti. Problema che Massimo Rogora, che è anche assessore, ma ha parlato in qualità di rappresentante della categoria, ha messo sul tavolo anche sulla base di una serie di dubbi sollevati da chi mette giù il banco. E sulla scorta di quanto successo a Magenta. Un’uscita che è costata a Rogora una “spiumata” a livello politico, ma che oggi, mercoledì 26 febbraio, sulla base di una serie di decisioni locali, differenti da quanto ha prescritto Regione Lombardia ha provocato una levata di scudi: «A Milano dicono che in settimana possiamo lavorare e poi ci sono sindaci che invece lo vietano. Ma se ogni amministratore può muoversi sulla base delle proprie considerazioni o valutazioni non capiamo a cosa servono le prescrizioni regionali. Nessuno di noi ha intenzione di mettersi di traverso e abbiamo garantito la massima collaborazione. Però vediamo che qua si stanno usando pesi diversi. Un esempio? Le ultime decisione sulle aperture dei bar a Busto».

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