L’emergenza Coronavirus ha riaperto il conflitto di classe in Occidente

busto casa pound fascismo

Dal 5 marzo, nel tempo del coronavirus,  si sta assistendo ad uno stravolgimento  di quella che  era  la vita sociale del nostro paese, ad esempio  un familiare che  va a trovare l’anziano genitore in ospizio, può fargli da lontano un cenno di saluto dietro il vetro e tornarsene a casa.

Da ora si fa così anche nelle RSA, a meno che il direttore sanitario non faccia una eccezione.

Anche in corsia cambia l’intero modo di comportarsi. Salvo diverse indicazioni, gli accompagnatori dei pazienti non possono permanere nelle sale di attesa dei pronti soccorsi.

In base al decreto del governo fino al 15 marzo sono sospesi congressi, riunioni, meeting ed eventi sociali in cui è coinvolto personale sanitario o incaricato in servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità.

In questa logica anche  gli stessi  viaggi di istruzione sono stati rimandati, rimandata anche   le altre  attività educative e didattiche, dall’infanzia all’università, fatta salva la possibilità di svolgere attività formative a distanza, fermi restando i corsi per i medici specializzandi, il triennio di medicina generale, i tirocini delle professioni sanitarie e le attività delle scuole dei ministeri dell’interno e della difesa.

Per l’assenza “forzata” degli studenti da scuola non sarà richiesta giustificazione o certificato medico, tanto più che da casa si lavora (molte scuole ed atenei hanno attivato la didattica a distanza).

La riammissione degli allievi per assenze dovute a malattia infettiva soggetta a notifica obbligatoria di durata superiore a 5 giorni avviene fino al 15 marzo in tutte le regioni dietro presentazione di certificato medico. Dalla scarlattina al Covid-19, le malattie infettive del bambino vanno certificate dal curante sia nelle regioni dove c’è l’obbligo di certificato medico (Sud, Toscana, Veneto) sia in quelle dove non c’è più (Nord, Lazio, Umbria, Marche). Per le altre patologie viene richiesto il certificato dove è in vigore o non si usa dove è stato abolito.

Gli uffici pubblici come l’Inail, che lavoreranno in via telematica con un aggravio di lavoro per i medici di famiglia, le Asl che assicurano anche alle carceri presìdi idonei a contenere il contagio, il personale sanitario che si atterrà alle misure di prevenzione contro la diffusione dell’infezione e alla sanificazione degli ambienti prescritte dal Ministero della salute offrono un quadro decisamente preoccupante e regressivo in questo momento della vita del Paese.

Agli anziani con patologie croniche si consiglia di non uscire di casa, a meno che non si tratti di stretta necessità, essendo i primi a rischiare di pagare dopo essere stati contagiati; a tutti si chiede di evitare i luoghi affollati e di mantenere le distanze di almeno un metro gli uni dagli altri.

Chiunque dopo il 21 febbraio sia entrato in Italia da zone a rischio secondo l’Oms o sia transitato per le zone rosse deve dichiararlo alla Asl e al medico di famiglia.

Le piazze e le strade deserte, i negozi e i pubblici esercizi chiusi, le attività e le famiglie in quarantena deprimono in modo particolare e denotano un senso di declino e di abbassamento del livello di vita delle città e della gente che le abita.

E’ questo già un primo duro prezzo pagato da lavoratori e cittadini al coronavirus.

Se l’Asl dichiara che il paziente è in quarantena per 14 giorni, egli ha il divieto di avere contatti sociali, ha l’obbligo in caso di comparsa di sintomi di avvertire il medico di medicina generale e l’Asl, di indossare la mascherina chirurgica e di allontanarsi dai conviventi in attesa di eventuale trasferimento in ospedale.

Ai locali aperti al pubblico viene raccomandato di mettere a disposizione dei frequentatori soluzioni idroalcoliche per lavare le mani, a tutti di usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o se si presta ai malati assistenza.

Misure, obblighi, vincoli e costrizioni sicuramente drastici e che sconvolgono le normali condizioni di vita della gente, oltre che limitare le libertà personali (le normali agibilità politico-sindacali), decisi dal governo imponendo sacrifici ai lavoratori, ai pensionati e ai cittadini in genere di fronte a un’epidemia che si presenta in base alle previsioni e alle proiezioni di scienziati e ricercatori grave ed aggressiva e di cui non si conosce ancora né la durata, né la sua potenziale diffusione.

L’impatto negativo che essa avrà sulla salute dell’umanità è certamente rilevante, come ingenti saranno le conseguenze prodotte sul lavoro e l’attività degli uomini e delle donne, oltre che  sull’economia dei paesi sviluppati, ma soprattutto dei popoli poveri, arretrati o in via di sviluppo.

Per quanto  tempo il sistema sanitario può reggere a questa richiesta di assistenza straordinaria?

Il problema è cercare di capire –  come hanno scritto alcuni  noti giornalisti accreditate testate di quotidiani nostrani – se il Sistema sanitario può reggere qui ed ora all’impatto del coronavirus.

Preoccupa indubbiamente il numero dei contagi (il cui trend è evidenziato nel breve caso sotto indicato e nello studio dell’OMS citato) ma, nel caso specifico, bisogna sapere quale percentuale di contagiati avrà bisogno di un ricovero temporaneo in osservazione o in terapia intensiva.

Il punto critico di insufficienza delle postazioni di cura è già stato raggiunto (e superato) nella zona rossa della Lombardia, per cui si pensa ad un allargamento della zona rossa alla provincia di Bergamo (Valle Seriana) dove in due giorni è stato registrato il raddoppio dei contagi.

La pressione sugli operatori sanitari sta diventando insostenibile per lungo tempo.

In Lombardia invece che avere un rallentamento si ha un incremento esponenziale.

Le conferenze stampa della Regione tentano di nascondere le mancanze non solo di personale, ma di tutti i dispositivi di prevenzione individuali (DPI) necessari. Anche le istruzioni per la prevenzione personale sembrano non essere molto precise. Soprattutto è mancato e manca un governo centrale, autorevole e indiscutibile della fase iniziale della malattia. Il Lombardia si è arrivati a contrattare per avere a disposizione letti di terapia intensiva ai privati.

Molti si chiedono quanto durerà  il fenomeno di coronavirus di cui tanto si discute?

Secondo il caso sopra citato, dal punto di vista economico le stime di autorevoli economisti internazionali che cercano di dare una prospettiva economica degli effetti dell’epidemia dettano tre scenari: il più favorevole spera in una stagionalità del morbo e dunque una ripresa della normalità entro giugno.

Quello più pessimistico descrive la ripresa della normalità all’80% verso la fine del 2020. E’ facilmente prevedibile che non si tratta solo di contare i decessi o le ricadute sul sistema, ma di creare una rete di sostegno per gli effetti economici e sociali. In particolare cercare di evitare sottovalutazioni o semplificazioni di cui sono piene le trasmissioni televisive nelle quali spesso i partecipanti si scagliano contro le politiche di prevenzioni di massa.

Riportando alcuni dati  dello studio dell’OMS  precedentemente citato,  si rileva che  “nel periodo 25/2 – 1/3 le rilevazioni del numero di pazienti positivi al Covid-19 pubblicati sul sito della Protezione civile presentano un chiaro andamento esponenziale che, in assenza di interventi radicali e tempestivi, potrebbe far superare i 14.000 positivi entro domenica 8 marzo.

Con lo stesso metodo usato per l’Italia, può essere stimata la curva di crescita esponenziale dei pazienti Covid-19 positivi delle tre regioni più colpite: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Se nei prossimi giorni si osserverà una crescita in accordo con queste previsioni, vorrà dire che le misure già adottate dal governo sono insufficienti a scongiurare scenari insostenibili per il sistema sanitario delle regioni interessate. Inoltre è del tutto probabile che anche le rimanenti regioni italiane seguiranno lo stesso destino innescando una sorta di effetto domino in cui le ultime regioni ad essere colpite no potranno nemmeno beneficiare del sostegno di quelle vicine, ormai alle corde.

L’analisi sviluppata è in accordo con i risultati ottenuti indipendentemente da Enrico Bucci ed Enzo Marinari, con l’ausilio di Giorgio Parisi, Presidente dell’Accademia dei Lincei: Considerazioni sull’evoluzione in corso dell’epidemia da nuovo coronavirus SARS-nCOV-2 in Italia”.

E’ azzardato in questa fase argomentare su teorie o scrivere volantini su conoscenze mediche e opinioni che non hanno ancora solidità scientifiche. Perciò ci limiteremo per ora ad esprimere punti di vista saltuari e frammentari. Tra alcuni medici mi sembra che la sottovalutazione dei primi momenti stia per essere sostituita da un allarme sempre più preoccupato.
L’età delle vittime, già pazienti con patologie speciali, è compresa tra i 62 e 95 anni.

Mancanza di posti letto in terapia intensiva e medicina è un dato certo

E’ possibile  a questo punto  fare fin d’ora una valutazione dei letti in terapia intensiva, confrontando i dati del 2019 con quelli del 2011?

Proviamo a  seguire in questa disamina un filo, a partire da un dato, quello che da circa ventanni abbiamo assistito ad una verticale riduzione dei posti letto in Lombardia , infatti ciò lo possiamo evincire a partire da ciò  che  in questo  senso è avvenuto a partire dal 1994, dalla prima grande sforbiciata dei posti letto .

In ogni caso bisogna sempre confrontare la diminuzione dei posti letto in rapporto alla popolazione.

La grossa ristrutturazione della rete ospedaliera avvenne negli anni 1996-2000.

In generale avvenne una diminuzione dei posti letto di medicina generale soprattutto nel pubblico da 9.000 letti a circa 6.000.

I privati sollecitati dal pagamento del DRG (Diagnosis-related groups- Raggruppamento omogeneo di diagnosi) smantellarono i reparti di medicina generale o di lungo degenza per sostituirli con reparti per i ricoveri chirurgici. Fin dall’inizio si è favorito il privato.

Per quanto riguarda il personale la cosa è più ardua, ma la perdita del personale medico, infermieristico e sanitario in generale nella sanità pubblica è stata ingente ed un lavoro meticoloso di ricostruzione delle piante organiche del personale, ospedale per ospedale, struttura sanitaria per struttura sanitaria deve essere fatto per ricostruire il quadro e la consistenza reale della sanità pubblica allora esistente, oggi quasi completamente distrutta.

A proposito della sospensione delle attività ambulatoriali non urgenti in tutta la Lombardia. Oltre 200 ricoveri in più ogni giorno, necessario impiegare medici e infermieri nelle corsie.

“Le attività ambulatoriali non urgenti e non differibili che vengono svolte in Lombardia saranno sospese nei prossimi giorni per il tempo strettamente necessario a fronteggiare l’emergenza coronavirus”.

Lo ha annunciato l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera.

“Dalla lettura dei dati emerge che quotidianamente abbiamo 200 persone in più da ricoverare nei nostri ospedali – aggiunge Gallera – per questo motivo abbiamo pensato di adottare, per un periodo di tempo contingentato una misura straordinaria al fine di recuperare il maggior numero di medici e infermieri nelle corsie e nei reparti. Voglio rassicurare i lombardi sul fatto che tutte le attività urgenti e non differibili, sia per i pazienti cronici che per il resto dei lombardi, verranno assicurate”.

“Il provvedimento decorrerà dall’inizio della prossima settimana – conclude Gallera – e nelle prossime ore daremo le indicazioni operative necessarie, dopo un confronto con le associazioni di categoria”.

“L’emergenza coronavirus richiede il rafforzamento della sanità pubblica e non deve alimentare la speculazione privata.

Le recenti misure approvate dalla Giunta regionale lombarda sulla collaborazione tra sanità pubblica e sanità privata hanno due conseguenze a nostro parere molto gravi che devono subito essere chiarite e corrette.

E’ prevista la possibilità per le strutture private di reclutare e cedere personale alle strutture pubbliche senza alcuna intermediazione della Regione. Il personale medico e infermieristico va invece assunto attraverso avvisi pubblici garantendo l’inquadramento contrattuale e non reclutato tramite cooperative o altre forme di esternalizzazione dei servizi che alimentano serbatoi di personale precario e sottopagato.

Per lasciare spazio ai pazienti da coronavirus è sospesa l’attività degli ospedali pubblici su tutte le visite ambulatoriali non urgenti, che si riverseranno inevitabilmente sulla sanità privata, convenzionata e non.

Per la tutela della salute pubblica è urgente definire, da parte della Regione, che queste visite siano effettuate al solo costo del ticket senza alcun onere aggiuntivo a carico dei singoli e della collettività.

L’Assessore alla sanità Gallera non ha detto come le strutture private accreditate stiano collaborando alla gestione dell’emergenza, con quali costi e con quali criteri sia gestito il convenzionamento delle nuove strutture che, in questi giorni, sta registrando un’accelerazione senza precedenti.

I provvedimenti della Giunta lombarda sembrano dunque andare verso il rafforzamento del ruolo della sanità privata.

Il nostro sistema sanitario deve fare a meno di più di 50 mila medici e altrettanti infermieri a cui si aggiunge la soppressione, solo negli ultimi 5 anni, di 758 reparti in tutta Italia” (da un volantino sulla sanità).

Tutto ciò avviene quando lungo  i confini tra Turchia e Grecia è in atto un altro capitolo della guerra dell’Unione Europea e dell’Italia agli emigranti dal Medio Oriente e dall’Africa.

Delle brutalità e infamie di questa guerra ci arriva solo qualche frammento: sappiamo di due (o forse quattro?) ragazzi uccisi negli ultimi giorni dalla polizia greca, di un bambino morto a Lesbo, di attacchi omicidi in mare di quella stessa polizia alle povere imbarcazioni degli emigranti a rischio di affondarle, di spedizioni punitive contro di loro organizzate dai fascisti di Alba Dorata.

Sappiamo di un clima di repressione anche nei campi profughi che sta portando a respingimenti di massa di siriani, afghani, pakistani e altri profughi di guerra.

Si viola così non solo il diritto internazionale, ma anche le norme del “diritto naturale del mare”, prodotto da pescatori e marinai.

Non si tratta solo di denunciare le “ mascalzonate di Erdogan” e dei suoi sooterranei alleati arabo-statunitensi, che cinicamente giocano la vita e il destino di migliaia di profughi medio-orientali per la spartizione della Libia.

Ma al carattere reazionario delle manovre militari turche in Libia, in Siria, in Kurdistan si aggiunge la nefandenza degli altri mandanti vedi la stessa  Unione Europea (e in essa l’Italia del governo Conte bis e della sua opposizione di destra).

Questa guerra agli stati mediorentali indipendenti spodestati a dictat del potere di Whashington o di Bruxelles  che  ha creato l’attuale bomba umana dell’emigrazione che ha fatto in vent’anni almeno 30.000 morti nel Mediterraneo e nel Sahara è una delle cose  più ignominose  del capitalismo USA ed  europeo.
Ma, ciò  non conclude  questa breve analisi, l’altra questione che  qui viene solo è accennatta, ed la conseguente  domanda  è del perchè in questo contesto la messa in essere  di una    manovra militare mai vista prima  della  Nato, manovra  che  comprende   la messa in campo di quasi 30.000 militari  statunitensi e di migliaia e migliaia di militari europei( circa settemila), a che pro tutto ciò?

La diffusione del Coronavirus ha scatenato molte ipotesi e riflessioni.

Oggi il coronavirus apre uno scenario inedito e imprevedibile.

Forse nulla sarà come prima. In peggio o forse in meglio? Chi sa che non si apra  un nuovo e inndeito scenario di nuovo conflitto sociale, noi comunisti ne prendiamo atto ed anche le dovute conseguenze, in Occidente il conflitto di classe si è nuovamente riaperto a partire dall’emergenza sanitaria.

Cosimo Cerardi
(PCI – Provincia di Varese)

cosimo cerardi pci coronavirus – MALPENSA24