Cottarelli allo Stein di Gavirate: «La guerra frena la ripresa, ma non è recessione»

GAVIRATE – Preoccupazione sì. Ma per il momento nessun allarme recessione. «Certo la guerra in Ucraina ha rallentato la ripresa della nostra economia, ha messo in difficoltà i settori più legati alle esportazioni di materie prima dalla Russia, ma non si può ancora parlare di recessione. E tutto dipenderà dalla durata della guerra». Carlo Cottarelli, che oggi (giovedì 10 marzo) ha tenuto una lezione di economia agli studenti dello Stein di Gavirate (nella foto qui sotto l’economista accolto dalla preside Laura Ceresa e dal sindaco Silvana Alberio) prima di rispondere alle domande degli studenti, ha tracciato il quadro economico in questi giorni di guerra.

La guerra ha frenato la ripresa economica dell’Italia

«La nostra economia – ha spiegato Cottarelli – stava recuperando dopo il Covid. La guerra in corso ha frenato la ripresa, ma è complicato quantificare quanto sia il danno. Tutto dipende da quanto sarà la lunga la guerra».

Presto parlare di recessione

A proposito delle sanzioni, ma soprattutto sulle conseguenze che tali restrizioni hanno sull’economia europea ed italiana, Cottarelli ha spiegato che «nelle forme attuali, le sanzioni colpiscono più l’economia russa di quella europea. Il problema più grosso potremmo averlo nel momento in cui si interrompessero le forniture di gas, ad esempio. E’ chiaro che i settori coinvolti e legati alle importazioni vanno in difficoltà, ma non sono queste situazioni che ci portano in recessione».

Riflettiamo sulla globalizzazione

Durante l’incontro, reso possibile grazie all’associazione La Voce Del Nuovo Millenio, l’economista ha approfondito anche il tema della globalizzazione economica, ma anche la riscoperta (imposta dalla guerra in corso in Ucraina) dell’importanza dei fattori geopolitici.

«Più della pandemia – ha spiegato l’economista ex Direttore degli Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale e Commissario Straordinario alla Revisione della Spesa Pubblica dal 2013 al 2014 – è stato il conflitto in corso a rendere ancor più urgente una seria riflessione sulla globalizzazione. E’ come se avessimo scoperto che la terrà non è piatta, che anche i fattori geopolitici hanno un peso determinante, tanto che proprio in questi giorni stiamo toccando con mano le conseguenze di un mondo globalizzato. L’Italia è esposta economicamente oltre che politicamente».

Chi vuole la globalizzazione?

D’altro canto però, ha ricordato Cottarelli, «ora c’è il rischio di “cadere” nell’autarchia. Non quella di un’unica nazione isolata ed autosufficiente, che è oggettivamente impensabile oltre che irrealizzabile, bensì quella fatta da “blocchi” di Paesi». In realtà indietro non si torna, per un motivo molto semplice: i primi sostenitori della globalizzazione, ha dichiarato l’economista, «siamo noi. Noi consumatori. Alla gente fa comodo vivere in un mondo globalizzato, dove più del Paese di produzione o della provenienza di un prodotto conta il prezzo».

E l’unica cosa che potrebbe imporre uno stop alla globalizzazione è un evento bellico catastrofico. Quella di Cottarelli è semplicemente una constatazione storica: «Se ci pensiamo bene, la globalizzazione c’è sempre stata. L’impero romano, seppur su una scala territoriale più contenuta, era globalizzato. E così l’Europa prima del secondo conflitto mondiale. Entrambi i sistemi economici sono stati stravolti da guerre».