Battaglia contro il Covid-19, appello social di 100mila medici per le squadre Usca

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VARESERafforzare il territorio, per poter trattare il più presto possibile i pazienti, e attivare immediatamente le squadre speciali Usca per affrontare l’emergenza sanitaria: a chiedere questi provvedimenti, oltre che la fornitura di tamponi e dispositivi di protezione, sono i quasi 100mila medici, di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri d’Italia, appartenenti a “Coronavirus, Sars-CoV-2 e COVID-19 gruppo per soli medici”. Lo spazio social di discussione e confronto fondato dal chirurgo Camillo Il Grande ha lanciato ieri, sabato 18 aprile, un appello al ministro della Salute Roberto Speranza, ai governatori di tutte le regioni e ai presidenti federali degli ordini dei medici regionali, incontrando subito il favore di Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri). Qui di seguito è riportato il testo della lettera:

Il confronto e le conclusioni

“Siamo un gruppo di circa 100mila medici, di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri sparsi per tutta Italia, nato in occasione di questa epidemia, che da quasi due mesi ormai sta scambiando informazioni sull’insorgenza della malattia causata dal Coronavirus – come contenerla, come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla – e siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni: i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione.
Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale, si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l’iperstimolazione di citochine che diventano tossiche per l’organismo e aggrediscono tutti i tessuti, anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, a loro volta responsabili del quadro variegato di sintomi descritti.

Le richieste

I vari appelli finora promossi da vari organismi e organizzazioni sindacali, che noi abbiamo condiviso appieno, sono stati rivolti a chiedere i tamponi per il personale sanitario, a chiedere i dispositivi di sicurezza per tutti gli operatori, che spesso hanno sacrificato la loro vita, pur di dare una risposta ai pazienti: non si sono tirati indietro, nessuno. Proprio per non vanificare l’abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai dispositivi di protezione (1) e ai tamponi (2), chiediamo di rafforzare il territorio (3), vero punto debole del Servizio sanitario nazionale, con la possibilità per squadre speciali (4), nel decreto ministeriale del 10 marzo definite USCA, di essere attivate immediatamente in tutte le regioni, in maniera omogenea e senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell’esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall’AIFA.

Il trattamento precoce

Siamo giunti alla conclusione che il trattamento precoce può fermare il decorso dell’infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare l’epidemia fino a sconfiggerla. Il riconoscimento dei primi sintomi, anche con tamponi negativi (come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi) è di pura pertinenza clinica, e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o TC, ecografia polmonare anche a domicilio e emogasanalisi; tutte cose che vanno a supportare la clinica, ma non la sostituiscono.

Evitare un circolo vizioso

Lo chiediamo, indipendentemente dagli schieramenti politici e/o da posizioni sindacali, lo chiediamo come medici che desiderano ed esigono svolgere il proprio ruolo attivamente e al meglio, dando un contributo alla collettività nell’interesse di tutti.
Lo chiediamo perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d’urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e ancora sono in attesa di tamponi.
La mappatura di questi pazienti, asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati è oltremodo indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il lock down”.

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